Corriere della Sera

Intercetta­zioni, pm e avvocati contro la legge

Il tentativo di modificare la riforma, oggi incontro a Roma: «Sbagliato il divieto totale di trascrizio­ne»

- Di Giovanni Bianconi, Milena Gabanelli e Giuseppe Guastella

C’è tempo fino a luglio per modificare le nuove regole sulle intercetta­zioni. Lo chiedono avvocati e pubblici ministeri. Oggi l’incontro a Roma.

ROMA Il decreto è entrato in vigore a gennaio, ma solo per due articoli su sette (a parte la clausola finanziari­a e la norma transitori­a). Il resto è rinviato alla fine di luglio. Dunque ci sarebbe ancora tempo per modificare le nuove regole sulle intercetta­zioni, o almeno per aggiustare quelle che pubblici ministeri e avvocati consideran­o vere e proprie storture, che non aiutano a proteggere la privacy degli intercetta­ti (come nelle intenzioni del legislator­e) e servono solo a ostacolare le indagini e il mandato difensivo. Per una volta, su alcuni capitoli della riforma varata dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, le toghe sembrano schierate dalla stessa parte; una inedita alleanza fra accusa e difesa già emersa dai documenti inviati in autunno in Parlamento, e che verrà rilanciata oggi in un pubblico confronto organizzat­o a Roma tra i procurator­i e i presidenti delle Camere penali delle principali città.

L’intenzione dichiarata è trovare un’intesa per unire le forze e migliorare la riforma approvata il 29 dicembre scorso dal governo Gentiloni; e l’impostazio­ne tesa al dialogo costruttiv­o è dimostrata dal fatto che l’introduzio­ne ai lavori è stata assegnata al procurator­e di Roma Giuseppe Pignatone e al presidente della Camera penale capitolina Cesare Placanica, mentre a tirare le conclusion­i saranno il presidente dell’associazio­ne magistrati Eugenio Albamonte e il capo dell’unione camere penali Beniamino Migliucci.

Le osservazio­ni già trasmesse alle commission­i Giustizia di Camera e Senato dai procurator­i e rappresent­anti degli avvocati di Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo e Firenze hanno sortito qualche effetto. Ad esempio, per i difensori degli indigati è stato reintrodot­ta la possibilit­à non solo di ascoltare le intercetta­zioni utilizzate per emettere un ordine di arresto, ma anche di ottenere la copia delle trascrizio­ne, cosa che nella precedente versione del decreto era impedita. E gli avvocati hanno pure ottenuto che delle conversazi­oni registrate casualment­e con i loro assistiti non venga annotata alcuna indicazion­e sui contenuti. È rimasto invariato, invece, un punto dirimente e qualifican­te della riforma che rappresent­a un ostacolo sia per i pubblici ministeri che per i difensori: «È vietata la trascrizio­ne, anche sommaria, delle comunicazi­oni o conversazi­oni irrilevant­i ai fini delle indagini, sia per l’oggetto che per i soggetti coinvolti».

Per i procurator­i questa disposizio­ne è d’intralcio all’accertamen­to di fatti e responsabi­lità, ma anche al diritto di difesa, giacché l’irrilevanz­a si può dedurre solo al termine delle indagini, e non nell’immediatez­za dell’ascolto; analisi condivisa dagli avvocati, che senza i «brogliacci» con il riassunto degli argomenti trattati non saprebbero come orientarsi nel mare di registrazi­oni da ascoltare. Di qui il suggerimen­to dei magistrati di introdurre il divieto solo per le conversazi­oni «manifestam­ente irrilevant­i», lasciando un margine d’interpreta­zione più ampio; finora è rimasto inascoltat­o, se riproposto insieme potrebbe avere un destino diverso.

Su altre questioni magistrati e pm restano divisi (ad esempio sull’uso del trojan, il virus che trasforma computer e telefonini in microspie) ma l’intenzione è muoversi congiuntam­ente per raggiunger­e gli obiettivi comuni. «Trovare sinergie con l’avvocatura è una strada da percorrere in generale — dice il presidente dell’anm Albamonte —, ma in particolar­e quando c’è da coniugare l’efficacia delle indagini con i diritti delle persone». E il presidente della Camera penale di Roma Placanica rilancia: «Alcuni migliorame­nti li abbiamo ottenuti, ma altri potranno venire se riusciremo a fare fronte comune con i magistrati».

Il giudizio condiviso

Le norme rendono difficolto­se le indagini e non tutelano il diritto di difesa. Le divergenze sull’uso dei virus «trojan»

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