Corriere della Sera

Camere, trattativa nel caos

Forza Italia vuole Romani, i Cinque Stelle rifiutano di vedere Berlusconi

- Al. T.

Sulle presidenze delle Camere si registra ancora uno stallo e il vertice dei capigruppo delle forze che siedono in Parlamento ieri si è concluso con un nulla di fatto. Oggi iniziano le sedute per eleggere i presidenti. Ma le trattative sono ancora nel caos. Forza Italia insiste su Paolo Romani alla presidenza del Senato. Ma il Movimento 5 Stelle frena, e si rifiuta di incontrare Berlusconi. Non solo. I pentastell­ati dopo aver fatto una timida apertura al Pd hanno chiuso: nessun piano B con i democratic­i. Salvini: mi fido di Silvio, meno dei suoi. E Umberto Bossi: Matteo guardi al Pd, se andiamo con i 5 Stelle facciamo un salto nel vuoto.

ROMA Alle otto di sera la Sala Tatarella, al quinto piano del palazzo dei gruppi che ospita i 5 Stelle, diventa il centro della politica. Uno dopo l’altro i rappresent­anti di tutti i partiti entrano nella tana del Movimento, dove è stato convocato l’incontro sui presidenti delle Camere. Luigi Di Maio, dopo essere stato messo in un angolo per tutto il giorno dal rinsaldars­i del patto tra Lega e Forza Italia, si prende la sua rivincita, invitando a «casa» sua l’intero arco costituzio­nale.

Di Maio spera ancora di convincere Matteo Salvini a cambiare cavallo, sostituend­o il «condannato» Paolo Romani. In caso contrario è pronta la mossa verso il Pd, con l’offerta di votare Luigi Zanda alla presidenza. Una mossa alla quale si arriva anche dopo le parole di Beppe Grillo (che stasera sarà in scena al teatro Flaiano di Roma), fatte recapitare ai vertici e durissime: «Ma come, io mi sono fatto i comizi in giro per l’italia dicendo che Renzi ha resuscitat­o Berlusconi e ora lo resuscitia­mo noi. Non è possibile, dobbiamo dire no. Mai con la mummia, mai con lo psiconano».

I primi ad arrivare alla Sala Tatarella sono Romani e Renato Brunetta, di Forza Italia. Passa Ignazio La Russa: «Perché abbiamo accettato di venire a casa loro? Per cortesia. Ma sa una cosa? Io quando voglio ottenere un successo, vado sempre a casa di qualcuno, così si sente a suo agio». Brunetta non vede nessun «bacio della pantofola» nella procession­e a casa M5S: «Macché, Toninelli e Grillo sono venuti due volte nei miei uffici. Fa 2-1». Anche Lorenzo Guerini è tranquillo: «Ma no, non ci siamo piegati a niente. Quello è un ufficio della Camera come tanti altri».

La giornata è stata lunga per i 5 Stelle. Cominciata con un rinvio dell’assemblea congiunta. Perché la Lega sembra tradire e non solo vuole confermare Romani, ma insiste perché sia Di Maio a sedersi al tavolo con Berlusconi. I 5 Stelle vacillano. Una fronda interna che fa riferiment­o a Beppe Grillo spinge per chiudere le trattative con il centrodest­ra. L’alternativ­a è guardare al Pd o salire sull’aventino, gridando al regime. Di Maio è sotto accusa nel gruppo. Lo sbandament­o è evidente. Giulia Grillo si aggira livida in Transatlan­tico. Matteo Mantero è categorico: «Vedere Berlusconi sarebbe una cosa ridicola». Davide Tripiedi è ancora più duro: «Se ne torni nel suo tugurio di Arcore, Berlusconi». Di Maio parla con Fico, che teme di essere bruciato. Di Maio concorda. Si decide che Fico potrebbe non essere il primo nome da giocare, per evitare che finisca battuto nelle prime votazioni.

A fine giornata, Di Maio prova a trasformar­e un possibile scacco politico in una vittoria simbolica. E così arriva l’invito, che tutti i partiti accettano senza batter ciglio. Da Massimilia­no Fedriga (Lega) a Pietro Grasso (Leu), Guido

Presidente gruppo di FI

I paletti di Beppe

Il garante: «Nei comizi ho accusato Renzi di resuscitar­e Berlusconi e ora lo facciamo noi?»

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