Corriere della Sera

Un gelato al Salvini

- di Massimo Gramellini

Signor Salvini, ho saputo della disavventu­ra che le è capitata in una gelateria milanese, dove la commessa non ha voluto servirle un cono fiordilatt­e e fragola da due euro e cinquanta (senza flat tax). Apprezzo il suo tentativo di assumere abitudini meridional­i, accostando la voglia di gelato all’inizio della primavera, nonostante nella sua città girino ancora tutti con il cappotto. Apprezzo molto meno il comportame­nto della commessa, che ha opposto un diniego alla sua legittima richiesta di cono e, redarguita dalla titolare, ha motivato il gesto così: «Io non servo i razzisti». Con ciò dimostrand­osi tale, perché è razzista anche chi discrimina gli altri in base alle loro idee. La ragazza si è tolta il grembiule e ha lasciato il lavoro. Ma a casa ha fornito una versione diversa, dal momento che la madre — il cui passato in Forza Italia, caro Salvini, dovrebbe indurla a riflettere sull’affidabili­tà di certi alleati — ha pubblicato un messaggio, poi cancellato, in cui imputava il licenziame­nto della figlia addirittur­a a Lei.

Non sono così presuntuos­o da dare consigli a uno che è riuscito a fare votare la Lega persino dai calabresi. Però troverei molto nobile, da parte sua, se scrivesse alla titolare della gelateria. Non tanto per dire, come ha già fatto, che tornerà a trovarla, ma per chiederle di richiamare al lavoro quella ragazza fanatica. A vent’anni può capitare a tutti di sbagliare per un’idea. Dopo si continua a farlo, ma di solito per interesse.

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