Nella Venaus del 60% capitale dei no Tav: andiamo al governo ma non a ogni costo
I militanti: no a Berlusconi, da soli però è dura
VENAUS (TORINO) I barbari preferirebbero di no. «Ma sappiamo che contro la politica reale le questioni di principio sono battute in partenza». Al bar della frazione Molaretto la discussione sull’attrazione fatale tra Cinque Stelle e centrodestra è trattata con lo stesso fatalismo dedicato all’imminente meeting, altrettanto insidioso, tra Juventus e Real Madrid. «Tanto in entrambi i casi non vengono a chiederci come vogliamo che finisca» dice Bruno, il geometra del paese che nelle foto d’archivio dei tempi andati appare spesso al fianco di Beppe Grillo.
Nel 2012 i risultati di una ricerca sugli stili di vita e la demografia dell’alta Val Susa stabilì che i fattori genetici degli indigeni erano molto simili a quelli delle antiche popolazioni della Baviera e della Francia del nord, compresa la tendenza al colesterolo alto. E da allora barbaro non è più un’offesa, ma un complimento. «Per noi l’identità e la nostra storia sono valori fondanti. Nessun governo ha mai preso le parti di noi valligiani. L’unicità di M5S stava nell’essere fuori dalle logiche di qualunque politica che non fosse la sua». Marco Scibona, l’ex senatore di Bussoleno, sconfitto proprio dal candidato di centrodestra e dal disegno di un collegio che ha accorpato la «valle che resiste» alla pianura torinese, ne parla al passato, come se ormai la mutazione fosse avvenuta. «La tendenza al compromesso non è nel dna del “nostro” Movimento».
A Venaus ci sono un bar, due ristoranti, due centrali idroelettriche, 940 abitanti e almeno un centinaio di bandiere No Tav e di M5S appese alle finestre della case in pietra. Lo scorso 4 marzo i Cinque Stelle hanno preso il 60,33 per cento, dando prova di memoria lunga. Il sacro prato all’ingresso del paese è ancora intatto, coperto solo da qualche cumulo di neve residua. Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2005 l’occupazione da parte delle forze dell’ordine di quei tre ettari di terreno sui quali doveva essere allestito il cantiere dell’alta velocità secondo il progetto iniziale e la successiva «liberazione» tramite una marcia pacifica divenne l’episodio fondante della mitologia No Tav. E segnò l’inizio di una simbiosi con quello che sarebbe poi diventato M5S. «Sono valsusino» scrisse quel giorno Beppe Grillo sul suo blog. «Venaus è il cuore del Movimento» ha ribadito nel 2015 Alessandro Di Battista alla fine della manifestazione per il decennale, mentre la gente intorno a lui intonava cori contro Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio dell’epoca.
«Non sono contenta neppure io. Ma da soli non ce la facciamo, e quindi...». Franca Garofalo si iscrisse agli «Amici di Beppe Grillo» pochi giorni dopo i fatti di Venaus. La sua edicola sul corso di Susa è il luogo d’incontro dei militanti pentastellati nonché il termometro per misurare la febbre del momento. «Al momento direi 37,5. Entrano dicendo “mai con lo psiconano”, come lo ha sempre chiamato Beppe. Ma se trovi il tempo per farli ragionare, per spiegargli che ora o mai più, qualcuno cambia idea. O meglio, si rassegna». Venaus non è certo un caso isolato. Nonostante il movimento No Tav sia in fase di stanca, la Val Susa è stata ancora una volta molto generosa con i Cinque stelle, 45,7% a Mompantero dove ci furono molti scontri per i sondaggi geognostici, 44% a Bussoleno, che della lotta contro la Torino-lione è un po’ la capitale.
Luca Giunti è un volto noto della protesta, guardiaparco, attivista, convinto sostenitore a livello locale della lista unica No Tav & M5S. Gli anni di militanza lo hanno convinto del valore dell’attesa. «Dopo tutto questo tempo, non ho fretta. A oggi non ho nulla da rimproverare alle persone del territorio che abbiamo eletto. Aspetto al varco». Il suo parlamentare non ce l’ha fatta. Franco Trivero, ex direttore di una agenzia di Equitalia, portavoce del gruppo Cinque stelle, abita in una baita sopra Oulx dove trascorre il tempo leggendo molto, beato lui. Quando gli hanno chiesto di candidarsi all’uninominale, ha accettato pur sapendo che le possibilità di «uscire» erano al lumicino. «Per citare Bartleby lo scrivano, qui davvero preferiremmo di no. In campagna elettorale Berlusconi è stato violento e volgare con noi. Ma il problema è il programma. Perché noi e loro siamo incompatibili anche sulle cose da fare, la flat tax esclude il reddito di cittadinanza, e viceversa. Alla fine ne può restare uno solo». Come tra Juventus e Real Madrid.