Salvini irritato dallo strappo di FI: mi fido di Silvio, meno dei suoi
Pressing perché il confronto continui: se dem e 5 Stelle fanno l’accordo, ti saluto...
VITERBO «Di Berlusconi ci si può fidare. È uno che mantiene la parola data». A un certo punto, a metà pomeriggio, Matteo Salvini stacca la spina e lascia la riunione fiume del gruppo leghista alla Camera: «Mi aspettano a Viterbo».
In effetti, ne valeva la pena: a dispetto del vento ghiacciato che sciabola la città, il capoluogo della Tuscia lo accoglie con una nuova sede della Lega, una folla che non smette di gridare «Salvini for president» e anche una cantante che, dal palco, gli dedica un’accorata canzone:«con Salvini si può».
In serata, però, l’umore di Salvini peggiora. Soprattutto per la nota di Forza Italia in cui il partito afferma che voterà Giancarlo Giorgetti alla Camera e Paolo Romani al Senato. Parte una telefonata con Luigi Di Maio. Al termine della quale, il capo leghista sbuffa: «Tutto da capo». Poi detta la nota: con cui invita «tutti i gruppi del Parlamento a essere responsabili». E aggiunge: «Qualcuno forse non ha capito che poi Pd e 5 Stelle fanno l’accordo e ti saluto... ».
La campagna «di ringraziamento» per il leader leghista è un balsamo rispetto alle ininterrotte trattative romane che sembrano non arrivare mai a un dunque. Su Di Maio Scherza: «Ormai lo sento più di mia madre». Poi si confida con i suoi: «Incredibile, si chiama l’uno, ti chiama l’altro, si chiama un altro ancora. Poi, qualcuno cambia idea, cerca di convincerti con una nuova ipotesi bizantina, e via che si deve ricominciare». E dunque, meglio aspettare che tutto riparta da zero.
Eppure, Salvini non mette Silvio Berlusconi nella schiera dei bizantini: «Ha una sola parola» ribadisce. Assai meno credito, spiegano i suoi sostenitori, ha Forza Italia: «Nel partito del Cavaliere — spiega un salviniano doc — c’è chi continua a dirgli di aspettare il Pd, di aspettare Carlo Calenda. Anche Gianni Letta gli dice che rinchiudersi in questo schema di centrodestra significa consegnare le chiavi a Salvini».
Lui, Il segretario leghista, si attiene alla «strada diritta» che si è dato: «Noi non abbiamo problemi — prosegue spiegando il quadro ai suoi — perché la Lega non è a caccia di poltrone e poltroncine». Io comunque parlo con tutti, dice a Viterbo: «Faccio tutto quello che devo fare, faccio tavoli e se serve anche tavolini». Proprio quello che Forza Italia non apprezza: e cioè, l’apertura di Salvini a Di Maio, la disponibilità a non chiudere con i 5 stelle, visto che Di Maio non riconosce Berlusconi e non vuole sedersi allo stesso tavolo. Soprattutto, gli azzurri ritengono che con la Lega non ci sia vera squadra sul nome di Paolo Romani per la presidenza del Senato. Anche se i salviniani restano convinti che quello del capogruppo azzurro uscente a Palazzo Madama sia «un falso problema, perché Berlusconi ha già pronte le alternative: Anna Maria Bernini e Maria Elisabetta Casellati». Ma i sospetti forzisti non si placano dopo le ultime dichiarazioni del segretario leghista che parla dei primi voti per le presidenze delle Camere: «Domani il centrodestra voterà compatto. Non faccio nomi, ma qualcuno sarà votato in modo compatto». E in FI qualcuno sottolinea quel «domani». Che non è un sempre.
Per Salvini, c’è soltanto una cosa che non farà mai: «Sedere in un governo con Matteo Renzi da una parte e Maria Elena Boschi dall’altra». Il segretario leghista, dal palco di Viterbo, lo ripete più di una volta: «Spero che in due giorni voteremo tutto e il Parlamento possa cominciare a lavorare». Il governo è passaggio successivo: «La settimana prossima, poi, pensiamo al governo. E si parte dal centrodestra».
Per i leghisti, «l’unica» novità di giornata resta l’acclamazione di Giorgetti a capogruppo pro tempore del gruppone a Montecitorio.