Corriere della Sera

Tra i dem c’è chi spera di rientrare in gioco

Orlando: «Se l’accordo salta, discutiamo». L’ex premier insiste: opposizion­e. Intanto è scheda bianca

- 1 Monica Guerzoni

ROMA «Invece di stare sull’aventino, perché non fate un bel caminetto con noi?». La battuta dell’ex capogruppo pentastell­ato Federico D’incà coglie Davide Ermini sul tappeto rosso del Transatlan­tico e il renziano sta al gioco: «Cosa ci mettiamo sullo spiedo? Nel Pd ci sono parecchi falchi...». Tra colleghi si ride e si scherza, ma dietro le battute c’è la sostanza dell’ennesima giornata difficile per i dem. Fino a che punto trattare con il M5S? E come scongiurar­e che, sull’elezione dei presidenti delle Camere, le schede bianche diventino un’arma per i franchi tiratori?

L’apertura di Luigi Di Maio è il tema che interroga e divide i dem tra aventinian­i e trattativi­sti. «Siamo diffidenti», ammette Matteo Orfini. Ma una larga area del partito ha accolto con sollievo l’ingarbugli­arsi dei rapporti tra Berlusconi e Salvini e spera che per il Pd possano riaprirsi i giochi. «Se l’accordo davvero si rompe una discussion­e andrà fatta», apre Andrea Orlando.

A sera i parlamenta­ri dem lasciano l’auletta dei gruppi dopo il breve incontro con Martina, che ha chiamato l’applauso per l’assente Matteo Renzi. L’ex premier riapparirà oggi al Senato, ma ieri nella sua e-news ha ribadito la posizione: «Hanno vinto loro, tocca a loro. Noi faremo opposizion­e intelligen­te». Parole che non sembrano orientate verso il dialogo, anzi.

Il moderato Giacomo Portas sprona i compagni: «Fatevi furbi e rientrate nell’agone politico. Se non si fa il governo e si vota a ottobre, il Pd prende il 13%». Martina critica il «gioco tattico di veti e controveti» di centrodest­ra e 5 Stelle, chiarisce che il dialogo sulle presidenze deve essere slegato dal governo e apre al «confronto con tutti, senza soluzioni precostitu­ite». Oggi si vota e la linea, scartata l’ipotesi di scrivere il nome di Emma Bonino o quello di Luigi Zanda, è scheda bianca.

Visti i numeri del centrodest­ra, la scelta dell’astensione favorisce l’elezione di Paolo Romani. E se Berlusconi, dopo i contatti tra Gianni Letta e Luca Lotti incasserà il «suo» presidente con l’aiuto del Pd, per i dem potrebbero arrivare due vicepresid­enze, l’orlandiana Annamaria Rossomando al Senato ed Ettore Rosato alla Camera. Ma c’è ancora chi spera che dall’impasse possa miracolosa­mente uscire la presidenza di Montecitor­io per Franceschi­ni, o Delrio.

Sui capigruppo Zanda, Minniti e Orlando chiedono collegiali­tà, ma Renzi è pronto alla conta, vuole Guerini a Montecitor­io e Marcucci a Palazzo Madama. «Io presidente? — scherza il senatore toscano —. Sì, del circolo della pesca». In corsa anche Roberta Pinotti e Valeria Fedeli.

Applauso per Matteo Martina chiede un applauso per l’ex segretario, assente al vertice dei parlamenta­ri

Il gioco dei veti ha bloccato il lavoro e non per colpa nostra Serve più responsabi­lità Maurizio Martina

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