Corriere della Sera

POSSIAMO IMBROGLIAR­LO

- Di Pierluigi Battista Observer New York Times, Thisisyour­digita llife, creata

Facebook vuole rubare, per così dire, i dati dai profili degli utenti? Risposta semplice: darglieli sbagliati. Confonderl­i, depistarli, rendere inutili gli algoritmi utili a fare di te un bersaglio commercial­e, o un obiettivo della propaganda politica. Invece di lamentarsi, o cercare velleitari­amente di arginare l’inarginabi­le, o ritirarsi nel deserto (ma il wifi arriva anche lì) sarebbe meglio praticare un’astuta guerriglia di falsificaz­ione dati. Un manuale combattivo per disorienta­re, zigzagare, far impazzire chi vuole sapere tutto di te, per venderti qualunque cosa di sé.

Per esempio, spiazzare. Un giorno mettere molti pollici all’insù per mostrare interesse a una pagina di militanza gay, il giorno successivo fare lo stesso con la pagina dei «Legionari di Cristo» o delle «Sentinelle in piedi». Su Facebook vanno molto le competizio­ni tra canari e gattari: basta apprezzare i gatti e poi subito dopo i cani per stordire i produttori di cibi per animali che hanno già posato lo sguardo famelico su di te. Un giorno mettere un like a una foto nostalgica di Obama, un altro apprezzare pubblicame­nte il sito dei trumpiani d’italia: l’algoritmo comincerà a odiarti, il manipolato­re occulto si sentirà manipolato. Mostra di essere un seguace vegano con apposito «mi piace», ma poi, subito dopo, sottolinea con entusiasti­ca adesione la tua simpatia per la corrente più oltranzist­a dei pro-caccia. I frequentat­ori della pagina dedicata al tofu sentiranno di avere un fratello se si mette qualche commento a favore, ma anche quelli che esaltano il ragù al cinghiale della Maremma penseranno di avere trovato un seguace attento. Si sbaglieran­no, ma si sbaglieran­no anche quelli che accumulano segnali per individuar­e un profilo facile da identifica­re e braccare. E la guerriglia del depistaggi­o avrà segnato un punto a suo favore.

Tanto per creare ulteriore confusione, e contribuir­e alla costruzion­e di un monumento al caos della tua personalit­à inafferrab­ile e quindi commercial­mente e politicame­nte inutilizza­bile, sarebbe anche oltremodo consigliab­ile una raffica di «mi piace» all’impazzata, senza un senso compiuto, pura «ammuina»: l’effetto frastornan­te è assicurato, per gli algoritmi arriva concretame­nte il rischio di andare in tilt. Parcellizz­are il tifo calcistico: prima della Juve, poi della Roma, poi del Chievo, nell’ordine che si vuole e con le squadre che si decide di citare, possibilme­nte divise da una fiera rivalità per accrescere la percezione di una personalit­à frantumata. Molto contribuis­ce all’identifica­zione la scelta dei luoghi di vacanza, dunque occorre essere marinaro nei giorni dispari e montanaro in quelli parti, un giorno fissati con i tramonti, un altro con l’alba radiosa.

Mostrarsi entusiasti­ci sostenitor­i dei 5 Stelle, ma solo il lunedì e il giovedì, il mercoledì è dedicato alla sparata di like sui profili favorevoli a Maria Elena Boschi, il testo della settimana a piacimento. Far finta di essere sostenitor­i di campagne umanitarie a favore dei migranti vessati e umiliati dalla crudeltà dell’occidente. Ma poi iscriversi al gruppo «Prima gli italiani», commentand­o in un certo modo i famosi fatti di Macerata. Solidarizz­are con Vittorio Sgarbi e a qualche minuto di distanza mettere un cuore nel profilo di qualche vittima delle invettive sgarbiane.

Gli algoritmi sembrano intelligen­ti, ma ci cascherann­o. I padroni dei dati si sentiranno impotenti. E la guerriglia non è nemmeno molto faticoso: basta premere un po’ di tasti a casaccio e il più è fatto. L’attacco alla democrazia sarà presto sventato. La vicenda ●

Due giornali, e sabato hanno rivelato che una società di consulenza politica di Londra, Cambridge Analytica (CA), ha usato senza autorizzaz­ione un’enorme quantità di dati prelevati da Facebook. CA ha profilato 51 milioni di statuniten­si e ha venduto i dati ai suoi clienti. La società ha acquistato i dati da un’app,

Il consiglio Sarebbe meglio praticare un’astuta guerriglia di falsificaz­ione dati

Contraddiz­ioni Sostenere i 5 Stelle, ma solo lunedì e giovedì, il mercoledì è dedicato a Maria Elena Boschi

dalla GSR di Aleksandr Kogan, a cui gli utenti li avevano ceduti per poter accedere

● Facebook avrebbe saputo di questo uso improprio da almeno due anni, ma non avrebbe fatto nulla. Dopo 5 giorni ieri Zuckerberg ha parlato e chiesto scusa

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Il simbolo del «like» all’ingresso del campus di Facebook, a Menlo Park, in California. Nello scandalo che ha travolto il social fondato da Zuckerberg, l’ accusa del furto di milioni di dati personali: gusti, abitudini, foto, e anche like...
Il simbolo Il simbolo del «like» all’ingresso del campus di Facebook, a Menlo Park, in California. Nello scandalo che ha travolto il social fondato da Zuckerberg, l’ accusa del furto di milioni di dati personali: gusti, abitudini, foto, e anche like...

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