Faide tra fratelli, l’eco degli Incas Così in Perù salta un altro leader
Kuczynski accusato di mazzette, ma pesa il duello tra i figli di Fujimori
RIO DE JANEIRO Il Perù è quel Paese, unico caso al mondo, dove tutti i presidenti degli ultimi vent’anni sono finiti nei guai con la giustizia. Ora la maledizione si è abbattuta sul quinto della lista e leader in carica da meno di due anni, Pedro Pablo Kuczynski, 79 anni, per tutti Ppk. Stavolta si tratta di dimissioni spontanee, annunciate mercoledì sera, per evitare un voto di impeachment del Parlamento che appariva scontato. Mazzette, tanto per cambiare, e ancora una volta a inquinare la politica è la multinazionale sudamericana della corruzione, la brasiliana Odebrecht. Gigante delle costruzioni (porti, dighe, raffinerie), la società creata da un bahiano di origini tedesche ha già fatto saltare Lula e Dilma in Brasile, sta facendo tremare politici in Argentina e Colombia, e ha strettissimi legami con il potere a Cuba e in Venezuela, dove però i giudici non godono dell’indipendenza necessaria per indagare.
Kuczynski, finanziere con poca dimestichezza con la politica, aveva vinto a sorpresa e per un soffio le elezioni in Perù soltanto perché la sua avversaria al secondo turno era Keiko Fujimori, figlia dell’autoritario presidente degli anni 90, a quell’epoca in galera. Privo di carisma e con una base parlamentare risibile, Ppk ha Keiko La figlia di Fujimori (42 anni) perse alle elezioni contro Kuczynski cavalcato il sentimento nazionale che non voleva vedere un altro leader con cognome giapponese al potere a Lima. Kuczynski inoltre, per traiettoria professionale, era distante dal tipico leader populista che promette giustizia per i poveri campesinos e poi viene trovato con le mani nel sacco. Dopo Fujimori (1990-1999), il Perù ha avuto al governo Alejandro Toledo (oggi latitante negli Stati Uniti), Alan Garcia (riciclaggio e arricchimento illecito) e Ollanta Humala (in prigione). Anche Toledo e Humala sono accusati di aver ricevuto denaro da Odebrecht. Tutto questo mentre l’economia nazionale andava a gonfie vele: il Perù è la tigre dell’america Latina, una economia aperta che ha ridotto in modo significativo la povertà.
Ma forse il peccato più grave di Ppk non è stato ricevere denaro illecito, ma aver tradito il sentimento che l’ha portato alla vittoria. Lo scorso Natale, difatti, ha concesso la grazia al vecchio Fujimori, il quale a quel momento aveva scontato meno della metà della pena ricevuta a causa di pesanti violazioni dei diritti umani. Non per ragioni umanitarie, ma in cambio di voti che gli servivano in Parlamento per sfuggire al precedente tentativo dell’opposizione di metterlo sotto accusa. Sullo sfondo una curiosa faida in famiglia: se a guidare l’opposizione a Kuczynski è Keiko i capi di Stato condannati o finiti nei guai con la giustizia negli ultimi 20 anni in Perù: due sono tuttora in carcere e uno è latitante negli Stati Uniti Fujimori, la sconfitta alle presidenziali, a garantirgli i voti utili è stato suo fratello Kenji, alla guida di una piccola diaspora che ha inteso così agevolare la liberazione del padre. E qualcuno in Perù si è ricordato la tragica saga dei due fratelli Atahualpa e Huascar, ultimi eredi degli Incas. Per colpa del loro litigio i Conquistadores spagnoli distrussero con pochi uomini a cavallo il glorioso impero del Sole.