Quella prima Stramilano vinta nel buio
Franco Demenego racconta il successo nell’edizione 1972 «Divertimento e confusione, si corse di sera nel traffico»
L’ appuntamento era per le 9 di sera, in viale Suzzani, nord di Milano. Per la prima «passeggiata di 24 chilometri e 700 metri sulla circonvallazione esterna», martedì 14 marzo 1972, era stato fissato un tetto di duemila partecipanti. Si iscrissero in 3.476, almeno altri mille si aggiunsero all’ultimo momento. «C’era una gran confusione, non solo alla partenza. Ognuno si buttava dentro». Franco Demenego allora aveva 27 anni ed era uno dei migliori mezzofondisti italiani. Partì e si lasciò dietro tutti. È lui il primo vincitore, anche se non era ancora una gara agonistica, della Stramilano, la corsa che ha aperto l’era del podismo nelle città, del running per tutti. «Venni a saperlo che c’era, il giorno stesso o quello prima. Non ricordo chi me lo disse, forse i miei compagni di squadra della Pro Patria oppure all’isef, dove studiavo».
Demenego, originario di Cortina d’ampezzo, che quell’anno vestì anche la maglia azzurra nella maratona olimpica di Monaco, si cimentava indistintamente nello sci di fondo e nella corsa. Allora l’atletica era soprattutto in pista, le stracittadine non esistevano. «Invece in montagna c’erano tante gare — ricorda Demenego —. In palio premi come frigoriferi o giradischi. Partecipavo, vincevo e vendevo tutto sul posto, così riuscivo a mantenermi». Alla prima Stramilano però non guadagnò niente. «Era una prova, un esperimento. Non chiusedel ro nemmeno il traffico, a noi che correvamo riservarono una corsia. Davanti avevo una staffetta di vigili».
L’idea era venuta a Renato Cepparo, imprenditore milanese, ideatore della rivista sportiva «Vai» e tre anni dopo organizzatore della prima spedizione italiana in Antartide. Coinvolse gli amici e i soci
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I premi
In palio non c’era nulla, nelle gare di montagna invece portavo a casa frigoriferi e giradischi Gruppo alpinistico Fior di roccia sfidando lo scetticismo della città.
Il Corriere annunciò l’evento con un trafiletto in cronaca titolato «La Vasaloppet dei marciatori», notando quasi con divertimento che oltre ai «reduci» della marcialonga svedese sulla neve, tra gli «iscritti figurano già numerosi medici, notai, giornalisti e donne di tutte le età». Fu un successo travolgente. L’anno successivo, madrina Loretta Goggi, numero uno di pettorale al sindaco Aniasi, erano già in 10 mila. Domenica prossima, 47esima edizione, saranno 60 mila.
Demenego si ritirò dall’attività agonistica l’anno dopo, e tornò sulle Dolomiti. Iniziò a insegnare educazione fisica e divenne preparatore atletico di quasi tutti gli sport invernali, sci alpino, pattinaggio, hockey. Nel 1980 provò a correre in politica, vincente anche lì. Assessore e poi sindaco di Cortina dal 1987 al 1990. «Ero convinto che l’amministrazione pubblica dovesse dedicarsi a due settori fondamentali: la cultura e lo sport. Allora dalle nostre parti l’unica attività fisica era lo sci per poi diventare maestri».
È stato fino all’anno scorso presidente delle Regole d’ampezzo, l’antica istituzione che ha la proprietà collettiva di pascoli e foreste. Ha mantenuto solo la delega sul Museo d’arte moderna «Mario Rimoldi», scrigno cortinese di capolavori del Novecento. E continua l’hobby di sempre, quasi un secondo lavoro. «Ho la passione di creare gioielli. È una tradizione della mia famiglia, che da queste parti è soprannominata “Kaiser” perché il mio bisnonno e mio nonno realizzavano le inferriate per la corte imperiale austro ungarica. Anche quando correvo portavo sempre con me temperino e legno, per incidere qualcosa nel tempo libero».
Quarantasei anni fa, quando vinse la prima Stramilano, non immaginava che il mondo dell’atletica stava per cambiare. «Allora correvano soltanto i giovani nell’attività agonistica. Adesso è diventato un fenomeno di massa, e l’età si è alzata. Alcuni arrivano fino alla maratona, o anche oltre come le 100 chilometri. Va bene così, ma ci vorrebbe più equilibrio. Oggi si esagera dall’altra parte».