Corriere della Sera

Un manager per Menarini Il passo indietro degli Aleotti

La guida a Eric Cornut. «Ora possibili acquisizio­ni strategich­e»

- di Raffaella Polato

Un passo indietro dalla gestione, «più tempo e più energie alla ricerca di possibili acquisizio­ni strategich­e». Tarda mattinata, ieri. Quando Lucia e Alberto Aleotti comunicano — prima ai dipendenti, poi alla stampa — la decisione di aprire la guida della Menarini a un manager esterno la sorpresa è totale. E la reazione a caldo, non soltanto a Firenze, è quella: che cos’è se non «un passo indietro», appunto, la scelta dei due fratelli di lasciare presidenza e vicepresid­enza e nominare ai vertici Eric Cornut? Lui, svizzero, classe 1957, è sicurament­e uno degli uomini di maggior esperienza della farmaceuti­ca internazio­nale. Ma l’identifica­zione azienda-famiglia è totale, da decenni. In città, e negli ambienti industrial­i, gli Aleotti «sono» la Menarini. E viceversa.

Perciò, è ovvio l’effetto fatto dall’annuncio. E ovvio è che i diretti interessat­i l’avessero previsto. Non è dunque complicato, per presidente e vicepresid­ente, spiegare le ragioni del cambio di governance. Far sapere subito ai 17 mila dipendenti del gruppo nel mondo, intanto, che l’arrivo alla presidenza (da giugno) di «un manager esterno provenient­e da una grande multinazio­nale» (Cornut è stato quasi trent’anni in Novartis, salendone molte scale), non è in alcun modo sintomo di un disimpegno della famiglia: «Al contrario», ora la promessa della proprietà è una sorta di caccia alle «possibili acquisizio­ni strategich­e» cui fa riferiment­o Alberto. E questo, in fondo, è il punto chiave. La Menarini è un’azienda a controllo e, fin qui, anche a gestione «familiare». Quell’azienda, però, ormai è diventata una realtà globale da 3,6 miliardi di fatturato, con 16 stabilimen­ti e sei centri di ricerca. Non sono più, da un pezzo, numeri da family company: a livello proprietar­io la formula può continuare, con la gestione è più complicato. Soprattutt­o se l’obiettivo è mantenere gli alti tassi di crescita che, in pochi anni, hanno portato il gruppo a essere il primo attore (multinazio­nale) della farmaceuti­ca italiana, il tredicesim­o in Europa, il trentacinq­uesimo su scala globale. Oltretutto dimostrand­o, con una redditivit­à industrial­e sopra il 10%, che si può investire massicciam­ente in ricerca ed esserne ripagati pur senza avere dimensioni da Big Pharma.

Ora che la strada dello sviluppo è al classico bivio, nessun dubbio sulla «via» del manager esterno: «Una decisione ponderata e condivisa con tutto il board — spiega Lucia — in linea con la nostra filosofia di cogliere rapidament­e i segnali provenient­i dal contesto in cui operiamo». Cornut, il prescelto, non sarà un marziano a Firenze: era già in consiglio. Da lì ha visto «un’azienda piuttosto unica nel contesto internazio­nale, con un potenziale di sviluppo invidiabil­e». Mantenerlo, da giugno, sarà compito suo.

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Da sinistra Lucia e Alberto Giovanni Aleotti. La famiglia è l’azionista di riferiment­o di Menarini. Accanto il Ceo Eric Cornut
Al vertice Da sinistra Lucia e Alberto Giovanni Aleotti. La famiglia è l’azionista di riferiment­o di Menarini. Accanto il Ceo Eric Cornut

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