Mps, il titolo perde colpi ma la collezione d’arte è salva
(f.mas.) In mezzo ai tracolli continui di Borsa, ieri un altro -5,2% a 2,64 euro, e ai rumors su un nuovo aumento di capitale allo studio, smentiti ieri dalla banca, almeno una buona notizia per il Montepaschi c’è: gran parte della sua immensa collezione d’arte, circa 30 mila pezzi, non potrà di fatto essere venduta nonostante l’imposizione della Commissione Europea, inserita nel piano di ristrutturazione per l’ok agli aiuti di Stato, di fare cassa vendendo l’intero patrimonio artistico. Una richiesta alla quale l’istituto ha cercato di opporsi in tutti i modi nei mesi di estenuante trattativa con la Direzione Concorrenza (Dg Comp) guidata dalla danese Margrethe Vestager (foto). Un modo per salvare il salvabile impedendo che materialmente le opere possano essere spostate da Siena è stato trovato. Si chiama «vincolo di pertinenzialità»: la Soprintendenza di Siena già dallo scorso 11 novembre (durante l’aumento di capitale privato da 5 miliardi poi fallito) aveva avviato il procedimento per far vincolare dal ministero dei Beni culturali (Mibact) le opere d’arte del Mps ai palazzi storici nei quali sono custodite. Ieri il soprintendente Anna Di Bene ha confermato l’arrivo del nulla osta. Il vincolo riguarda le opere contenute nei tre palazzi di Rocca Salimbeni che compongono la sede centrale di Mps, ovvero Palazzo Salimbeni, Palazzo Spannocchi e Palazzo Tantucci, mentre dal 2013 è già vincolata la collezione di Palazzo Chigi Saraceni, sempre a Siena. Intanto l’istituto guidato da Marco Morelli ha confermato ieri il piano di ristrutturazione che procede nei tempi previsti, i piani di taglio degli npl e dei costi e la cartolarizzazione delle sofferenze. Ma pesano sul titolo sia il vuoto di governo sia le richieste danni per oltre 2 miliardi da parte di ex soci e la perdita di 200 mila clienti nel 2017 emersi dal bilancio appena pubblicato.