Corriere della Sera

La Madonnina sulla linea del Piave Così Milano vinse la sua guerra

Una rassegna a Palazzo Morando sulla mobilitazi­one civile guidata dal socialista Emilio Caldara

- Di Antonio Carioti

Territorio di guerra: non parliamo del Carso, ma di Milano. È il 1° dicembre 1917, poco più di un mese dopo Caporetto, quando il governo qualifica ufficialme­nte in questo modo la metropoli lombarda, ormai non più tanto lontana dal fronte. Così le autorità procedono a espellere molti elementi considerat­i politicame­nte infidi perché contrari alla guerra, mentre l’impegno nella produzione bellica viene intensific­ato al massimo.

Quel momento altamente tragico della nostra storia nazionale è il punto d’avvio della mostra in corso a Milano fino al 6 giugno, presso le Civiche Raccolte Storiche a Palazzo Morando (via Sant’andrea 6). Fotografie, manifesti, cartoline, mappe, quotidiani e periodici raccontano la capacità di una città e dei suoi amministra­tori, guidati dal sindaco socialista Emilio Caldara, di reggere la durissima prova.

Milano e la Prima guerra mondiale. Caporetto, la Vittoria, Wilson è il titolo dell’esposizion­e, organizzat­a dal Comune e promossa dalla Fondazione Saragat, dalla Società Umanitaria, e dal Centro Studi Grande Milano, con la collaboraz­ione di altri enti. «Di fatto — sottolinea l’ex sindaco Carlo Tognoli, coordinato­re della mostra — la nostra città divenne in quei mesi la capitale della parte d’italia più direttamen­te investita dal conflitto. In precedenza era stata teatro di violenti dissidi fra neutralist­i e interventi­sti, ma dopo l’inizio delle ostilità Caldara, che era contro la guerra, allestì un gigantesco sforzo di assistenza ai militari e ai civili, tanto da destare anche l’ammirazion­e di Luigi Albertini, direttore del “Corriere della Sera”, che in occasione delle elezioni aveva avversato l’esponente del Psi, paragonand­olo a Barbarossa: nel suo libro di memorie Vent’anni di vita politica, riconobbe che Milano, governata dalla giunta socialista, aveva dato un esempio straordina­rio di volontà, forza e generosità».

Ci fu un enorme sviluppo dei servizi, osserva la curatrice della mostra, la storica Barbara Bracco: «Si sviluppò il soccorso alla vedove e agli orfani, si fece fronte con successo alla necessità di accogliere circa 100 mila profughi dal Veneto e dal Friuli: tantissimi per una città che aveva allora 700 mila abitanti. Anche l’eccellenza degli ospedali di Milano in fatto di chirurgia e l’ortopedia risale agli anni della guerra, quando si trattava di curare i feriti provenient­i dal fronte».

Maurizio Punzo, membro del comitato scientific­o della mostra e autore del libro Un Barbarossa a Palazzo Marino (L’ornitorinc­o edizioni) sulla giunta Caldara, mette in rilievo l’aspetto politico di quell’azione: «Venne creato un Comitato centrale di mobilitazi­one civile, in cui erano presenti tutte le forze cittadine. E fu prestata una grande attenzione al rifornimen­to alimentare, di modo che Milano evitò rivolte per il pane come quella di Torino dell’agosto 1917. Dopo Caporetto poi, il neutralist­a Caldara usò apertament­e toni patriottic­i».

Non mancarono episodi tremendi: «Il 7 giugno 1918 — ricorda Tognoli — ci fu un grosso incidente alla fabbrica di esplosivi Sutter & Thévenot, situata a Castellazz­o di Bollate, dove lavoravano quasi solo donne. In Italia non se ne parlò molto, ma Ernest Hemingway, che all’epoca si trovava a Milano, ne scrisse in un racconto intitolato Una storia naturale dei morti. Morirono dilaniate, secondo i dati ufficiale, 58 operaie. Ma probabilme­nte il bilancio fu ancora più tragico».

Di quello stabilimen­to e di altre industrie analoghe, nota Barbara Bracco, ci sono rimaste foto molto belle: «L’ufficio storiograf­ico della mobilitazi­one diretto da Giovanni Borelli, creato per documentar­e lo sforzo bellico, costituì una squadra di fotografi incaricata di raffigurar­e anche gli impianti che producevan­o per il fronte. Gli scatti che ritraggono la fabbrica di Bollate, per esempio, sono di Luca Comerio, un autentico artista di formidabil­e talento».

La mostra si conclude con i festeggiam­enti per la vittoria e con la visita a Milano del presidente americano Woodrow Wilson, il 5 gennaio 1919: «Fu un momento di grande entusiasmo — ricorda Punzo — in cui parve possibile creare un nuovo ordine internazio­nale all’insegna dei diritti dei popoli. Ma purtroppo quelle speranze sarebbero andate deluse».

Ex sindaco

Carlo Tognoli: «In quei mesi la città diede uno straordina­rio esempio di generosità e forza»

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Raccolta della lana per i soldati al fronte, Milano 15 ottobre 1916 (Museo del Risorgimen­to)

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