Il violino di Batiashvili e la «stella» Capuçon
Baglini: «Se si osa, le risorse poi si trovano»
«Siamo un teatro piccolo alla periferia dei maggiori circuiti, per questo dobbiamo pensare in grande». Maurizio Baglini, pianista di caratura internazionale e fantasioso inventore di festival (come l’amiata Piano Festival tra le cantine e le viti del Chianti), dal 2015 è direttore artistico del teatro Verdi di Pordenone; convinto che «la routine non accende l’interesse, ma se si osa le risorse si trovano», ha voluto sviluppare col teatro friulano due progetti ambiziosi: fare della migliore formazione giovanile d’europa se non del mondo l’orchestra in residence del Verdi e dare una dimensione internazionale al premio che da tre anni a Pordenone viene assegnato a un importante divulgatore musicale.
Per sottolinearne l’allargata prospettiva è cambiato anche il nome, da «Premio Pia Baschiera Tallon – Educare alla musica» a «Premio Pordenone Musica». «La prima edizione è andata a un grande didatta come Piero Rattalino, nel 2016 a un divulgatore quale Quirino Principe e lo scorso anno a Salvatore Sciarrino, compositore celebrato ma anche riferimento per tanti musicisti».
Sabato prossimo sarà premiato Alfred Brendel, «uno dei massimi pianisti del ventesimo secolo che negli ultimi anni è divenuto anche saggista, scrittore e filosofo della musica: noi l’abbiamo scelto non solo per l’immenso talento e per quanto ha fatto nell’ambito dell’interpretazione, ma per questa sua seconda vita musicale legata alla divulgazione».
Il giorno prima Brendel riceverà il Sigillo della città e terrà una lectio magistralis partendo dal suo libro Abbecedario di un pianista: aforismi, riflessioni attorno al Classicismo viennese di cui fu interprete superbo, «ma non solo: a conferma che la dimensione del divulgatore va oltre quella dell’esecutore Brendel parlerà anche di brani che non ha mai suonato o che non rientrano tra i suoi preferiti».
Brendel non si esibisce più in pubblico, a esemplificare i brani e gli autori citati nella lectio magistralis sarà Filippo Gorini, astro nascente della tastiera che in questa serata straordinaria presterà le sue mani all’amato maestro: «Ha 22 anni, ha vinto il concorso Beethoven di Bonn e ha una carriera già importante, con ingaggi prestigiosi; ed è stato l’allievo prediletto, possiamo dire il pupillo di Brendel. Far suonare a lui i brani scelti e discussi col Maestro è un modo per valorizzare un giovane e per unire un’eccellenza italiana a un gigante della musica conosciuto il tutto il mondo». La valorizzazione dei giovani è un obiettivo primario di Baglini e del teatro: «È scritto nel suo statuto, credo che mi abbiano chiamato qui anche per questo».
Ed è riuscito a farlo osando, pensando in grande: «Mi sono detto: qui non c’è un’orchestra, qual è la più importante orchestra giovanile al mondo o almeno d’europa? La Mahler Jugendorchester. L’ho cercata subito e Pordenone è divenuta la sua casa». Nel 2015 il primo concerto «a fine agosto, per sfidare anche il calendario canonico della classica che vuole l’inizio di stagione a ottobre». E sabato Brendel ritirerà il premio prima dell’esibizione della Mahler, unica tappa italiana della sua tournée pasquale.
Vladimir Jurowsky la dirigerà in tre brani scritti durante la Grande Guerra, «Images pour orchestre» di Debussy, la prima sinfonia di Lutoslawski e il concerto per violino di Szymanowski, solista Lisa Batiashvili. «Lo scorso agosto la Mahler ha preparato qui la tournée estiva; 200 giovani che hanno avuto un forte impatto sulla città: oltre al concerto ufficiale hanno invaso vie e piazze dando vita a ensemble di ottoni, archi e percussioni».
Il 2018 segna un ulteriore ampliamento della residenza della Mahler a Pordenone: «Durante la prima metà di agosto prepareranno qui i programmi da portare in mezza Europa e li eseguiranno in due centri di grande richiamo, ma artistico e gastronomico e non musicale: il 14 ad Aquileia e a Ferragosto a San Daniele, il paese del prosciutto. Il 3 e 4 settembre chiuderanno al Verdi la tournée con una stella del violoncello, Gauthier Capuçon, solista nel Concerto di Dvorak e nel Primo di Shostakovich».
Nomi prestigiosi, luoghi e date che, come Baglini sottolinea, sfidano le convenzioni di calendario e geografia della classica. Perché quando si è piccoli bisogna pensare in grande. E i grandi, come Brendel, iniziano già ad arrivare.