Corriere della Sera

È Donizetti ma ricorda Risi

Alla Scala debutta l’opera buffa nell’allestimen­to del regista torinese. Sul podio Chailly Il film «Il sorpasso» nella rilettura del «Don Pasquale» Livermore: «Oggi sono spariti scherzi e trasgressi­one»

- Giuseppina Manin

Alla Scala sarà parcheggia­ta in palcosceni­co. Elegante, sinuosa, impaziente, l’aurelia B24, la famosa spider de Il Sorpasso sarà lì. In attesa che qualcuno la metta in moto e la faccia volar via. Letteralme­nte, visto che la bella a quattro ruote si librerà davvero in aria. Un altro miracolo a Milano, stavolta a opera di Davide Livermore, artefice del nuovo allestimen­to di Don Pasquale, l’opera buffa di Donizetti scelta da Riccardo Chailly per continuare il suo percorso nel repertorio italiano. Debutto il 3 aprile, protagonis­ta nel ruolo del titolo Ambrogio Maestri.

Cosa c’entra la spider del film di Dino Risi con la beffa giocata al vecchio Pasquale, il finto matrimonio con la giovane Norina, in realtà innamorata di suo nipote...

«C’entra perché la commedia all’italiana, quella di Risi, Monicelli, del primo Fellini, è l’ultima propaggine di una commedia dell’arte senza più maschere, con personaggi in carne e ossa, proprio come quelli di Donizetti», spiega Livermore, regista che ama giocare con il cinema.

I riferiment­i stavolta sono invece a capolavori di tutt’altro genere. A un immaginari­o dell’italia del boom, smaniosa di divertirsi e trasgredir­e.

«Il cui spirito si è perso del tutto. Nessuno ormai fa più scherzi come quelli di Amici miei. Film oggi impensabil­e, sarebbe bollato come maschilist­a, sessista, blasfemo... Il politicame­nte corretto ci ha reso tutti bacchetton­i e conformist­i, mentre la burla richiede una voglia di libertà anarchica e una fede nel futuro. Che oggi non c’è più».

Cosa succede quindi ai non eroi di Donizetti?

«La storia, secondo il libretto, si svolge a Roma. E la mia sarà una Roma da Dolce vita. In bianco e nero, Cupolone e Fontana di Trevi compresi. Un mondo in bilico tra realismo e favola, dove il riso si fa amaro, a volte sboccato, a volte sublime. Proprio come in Don Pasquale».

Chi è per lei questo vecchio gabbato e deriso?

«L’unica persona per bene della compagnia. Vittima di un raggiro crudele, mi fa pensare al Malato di Molière. Perché In scena

Un momento delle prove di «Don Pasquale», che sarà in diretta su Radio3 il 3 aprile e in diretta tv su Rai5 il 19 aprile Don Pasquale non si è sposato prima? Perché questa smania tardiva di matrimonio? Per rispondere a queste domande mi sono inventato un “prequel”, il funerale di sua madre, una donna autoritari­a che lo teneva soggiogato. Il trauma che gli ha impedito di avvicinare altre donne. Solo alla fine, tentato dalla proposta del dottor Malatesta, si decide, ignaro che si tratta di una trappola».

Difatti Norina (Rosa Feola) da dolce e innocente prima delle nozze, subito dopo si trasforma in una belva.

«Gli sperpera il patrimonio, lo tratta malissimo, gli molla persino uno schiaffo. Un gesto brutale verso un uomo anziano e inerme. Alla prima dell’opera, a Parigi nel 1843, scandalizz­ò il pubblico e anche oggi infastidis­ce. È la parte oscura di Norina, per il resto lieve e vivace come lo spirito di Roma».

E il suo spasimante, Ernesto, cantato da René Barbera?

«Uno spiantato, fannullone, che vive alle spalle dello zio. Per simpatia e sfacciatag­gine un Vitellone felliniano. Come pure Malatesta, Mattia Olivieri, il medico imbroglion­e... Sono tutti personaggi sfaccettat­i, che si portano dietro le loro fragilità, solitudini, struggimen­ti. Tante sfumature che questo cast sa calibrare a meraviglia».

Lei se ne intende, visto che fino a qualche anno fa era un tenore.

«Nel 2003 ho cantato alla Scala. Poi ho cambiato strada, la regia mi diverte di più. Ma saper leggere una partitura aiuta, mi piace innovare ma mai a scapito della musica».

La musica che in Italia è ancora per pochi.

«A Torino dirigo un piccolo teatro molto vivace, il Baretti. Dove ho raccolto un’orchestra di 450 bambini. La musica è democrazia, forse per questo non la si insegna a scuola. E allora la mia partita politica io me la gioco lì».

Scenografi­a

«La storia si svolge in una Roma da “Dolce vita” con Fontana di Trevi e Cupolone»

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