Corriere della Sera

Ma questo sogno è già fallito

- di Sergio Romano

Barcellona è una citta superba (nel senso genovese della parola), orgogliosa del proprio passato mediterran­eo, patria della prima rivoluzion­e industrial­e spagnola, ultimo baluardo della Repubblica alla fine della guerra civile, il solo luogo europeo in cui il genius loci abbia saputo coniugare così brillantem­ente il gotico delle sue cattedrali con le follie moderniste di Antoni Gaudì, architetto, nei primi due decenni del Novecento, di parecchie case signorili e della Sagrada Familia. Nei pochi giorni che ho passato a Barcellona, recentemen­te, vi è stata una grande manifestaz­ione organizzat­a da coloro che sono contrari al movimento indipenden­tista; ma in un clima straordina­riamente civile senza scontri e tumulti.

Il solo scontro di cui posso parlare, paradossal­mente, è quello, altrettant­o civile, di cui sono stato protagonis­ta. Avevo informato del mio arrivo alcune vecchie conoscenze che appartenev­ano alla cerchia di Jordi Pujol, energico e amato presidente della Generalita­t dal 1980 al 2003. Mi hanno invitato a una colazione, presieduta dallo stesso Pujol, e hanno lasciato al più giovane del gruppo il compito di pronunciar­e l’atto d’accusa. Ero colpevole, ai loro occhi di avere scritto per il Corriere, qualche mese fa, un articolo contro le secessioni in cui sostenevo che il secessioni­smo catalano, in particolar­e, era una delle molte forme di populismo che affliggono l’europa in questi anni. Sbagliavo. Secondo il mio interlocut­ore, gli indipenden­tisti catalani si battono per conservare e difendere la loro identità e la loro lingua contro l’arroganza castiglian­a. Ha invocato, come prova delle sue parole, le misure poliziesch­e e giudiziari­e adottate dal governo di Madrid per boicottare le decisioni popolari. Ha ripetuto più volte che l’identità catalana è in pericolo.

Questi argomenti non mi hanno convinto. Ho ricordato che tutti in Europa sapevano quanto fosse fondamenta­le l’apporto della Catalogna alla economia nazionale spagnola e ho aggiunto che l’«identità» mi è sempre sembrata un concetto vago, spesso retorico. Quando ho osservato che molte industrie catalane, spaventate dalla prospettiv­a di una Catalogna indipenden­te, erano andate ad accasarsi in altre parti della Spagna, il mio «accusatore» mi ha assicurato che la maggioranz­a è «tornata casa». E ha fatto del suo meglio per darmi l’impression­e che gli indipenden­tisti sono decisi a continuare la loro battaglia contro la «tirannia» spagnola.

Ho cercato di spiegare, infine, le ragioni per cui mi sembrava che il tentativo, almeno nella sua concezione originale, dovesse considerar­si fallito. Gli indipenden­tisti si erano messi in movimento nella convinzion­e che la Catalogna, dopo avere realizzato il suo sogno, sarebbe stata accolta a braccia aperte dall’unione Europea. La scissione, in questa prospettiv­a sarebbe stata una sorta di pacifico trasloco. La Catalogna avrebbe lasciato una casa nazionale per entrare contempora­neamente nella più grande Casa europea cui la stessa Spagna appartiene. Il sogno non si è avverato perché la Commission­e e il Parlamento di Strasburgo, soprattutt­o in questo momento, non hanno alcun interesse a incoraggia­re con la loro ospitalità altri separatism­i. L’europa conta un numero considerev­ole di potenziali patrie irredente e non vuole lanciare segnali sbagliati. Se avessero seguito più attentamen­te i negoziati della Commission­e con la Gran Bretagna per definire le condizioni del divorzio, gli indipenden­tisti catalani avrebbero constatato che l’ue ha adottato atteggiame­nti un po’ più conciliant­i soltanto dopo avere dimostrato al mondo che la fine del rapporto stretto con l’europa di Bruxelles e Strasburgo ha un costo non indifferen­te. (Spero che da questa

Puigdemont era pienamente consapevol­e dei rischi che si assumeva viaggiando attraverso l’europa. Ma l’estradizio­ne non è inevitabil­e Jaume Alonso-cuevillas avvocato di Puigdemont

Se Puigdemont chiederà asilo, la domanda sarà esaminata come qualsiasi altra dall’ufficio federale per la migrazione Daniel Günther governator­e dello Schleswig-holstein.

L’obiettivo mancato Gli indipenden­tisti speravano di lasciare la Spagna e di essere accolti nella Ue

linea non abbia alcuna intenzione di allontanar­si).

Non credo di essere riuscito a cambiare le idee del mio interlocut­ore. Ma alla fine della conversazi­one mi ha chiesto che cosa farei, in questa situazione, se fossi catalano. Gli ho risposto che andrei a Bruxelles per rassicurar­e la Commission­e che «dopo qualche ripensamen­to abbiamo deciso di rinunciare alla soluzione separatist­a». Ma porterei una lista di richieste per migliorare lo status della regione. «Se le richieste sono ragionevol­i — ho aggiunto — la Commission­e vi darà una mano».

 ??  ?? Fumo e vernice Un agente a Barcellona in mezzo alle proteste degli indipenden­tisti scoppiate dopo l’arresto dell’ex presidente catalano Puigdemont in Germania (Foto Lluis Gene/epa )
Fumo e vernice Un agente a Barcellona in mezzo alle proteste degli indipenden­tisti scoppiate dopo l’arresto dell’ex presidente catalano Puigdemont in Germania (Foto Lluis Gene/epa )
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La bandiera della Catalogna in un corteo a Barcellona (Foto Reuters)
In piazza La bandiera della Catalogna in un corteo a Barcellona (Foto Reuters)

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