Corriere della Sera

Centrodest­ra separato al Quirinale

Salvini: non dico «io premier o morte». E apre al reddito di cittadinan­za. Ma M5S non si fida di FI

- di Marco Cremonesi

Se mi rendessi conto che per aiutare l’italia ci sono anche altre persone che possono dare una mano non sono io a dire di no Matteo Salvini

MILANO Matteo Salvini arriva ad aprire al reddito di cittadinan­za. Ed elogia l’affidabili­tà del Movimento 5 Stelle. Poi, però, tra i leghisti si apre il dubbio: una parte del Pd si starebbe preparando a sostenere un governo di Luigi Di Maio. Mentre nel centrodest­ra resta il freddo: non solo il partito unico resta una richiesta del governator­e ligure Giovanni Toti. Ma da Forza Italia si chiarisce che per le consultazi­oni al Quirinale, i partiti andranno ciascun per sé: niente delegazion­e unica.

La giornata si apre con il Salvini più conciliant­e. Persino rispetto a se stesso: «Io sono pronto a fare il premier, ma non voglio farlo a tutti i costi». Un passo indietro: «A me interessa che l’italia cambi e sono pronto a metterci la faccia. Ma siccome voglio il cambiament­o, non è “o Salvini o la morte”». Il segretario aveva anche aperto con cautela al reddito di cittadinan­za, cuore del programma stellato: «Se fosse pagare la gente per stare a casa, dico no. Ma per reintrodur­re nel mondo del lavoro chi ne è uscito, allora sì».

Insomma, il clima non era il peggiore. Nei piani leghisti, al passo indietro di Salvini avrebbe dovuto corrispond­ere analoga rinuncia da parte di Luigi Di Maio, in modo che nessuno dei due leader ne uscisse ammaccato. A quel punto, si sarebbe potuto arrivare a un altro nome. Ricorrente quello di Giancarlo Giorgetti, il vice di Salvini. Leghista anche perché, fanno notare nel partito, la Lega ha anche rinunciato a un presidente in una delle Camere.

Ma a metà giornata tra i leghisti risuona il tam tam: Di Maio sarebbe indisponib­ile al passo indietro. Poi, arriva una nota firmata dai capigruppo a 5 Stelle, Giulia Grillo e Danilo Toninelli: «Roberto Fico ha ottenuto 422 voti. Sono mancati circa una sessantina di voti rispetto» a quelli che ci sarebbero stati «se tutte le forze del centrodest­ra avessero rispettato i patti come hanno fatto la Lega e Fratelli d’italia». E dunque, «è un'ulteriore dimostrazi­one del fatto che la coalizione del centrodest­ra non è per nulla compatta, contrariam­ente a quanto afferma oggi Berlusconi».

Fine del possibile accordo tra centrodest­ra e 5 Stelle. Tra i leghisti non ci sono dubbi: «Una parte del Pd — riferisce un deputato — intende sostenere un governo Di Maio. Basterebbe la metà dei loro parlamenta­ri». Secondo la fonte leghista, «i ribelli entrerebbe­ro in una maggioranz­a di governo, e chiuderebb­ero la partita con Matteo Renzi». Che di un sostegno ai 5 Stelle o al centrodest­ra non vuole sentir parlare.

Il tutto, mentre il presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, dice di non temere un governo 5 Stelle-lega: «Io non temo nulla, noi abbiamo parlato con estrema chiarezza: abbiamo parlato di bene comune e abbiamo detto quali punti ci stanno a cuore, che sono il bene della gente. E quindi non abbiamo nulla da temere da nessuno, ma ci mettiamo in collaboraz­ione — conclude il presidente dei vescovi — con tutti coloro a cui veramente interessan­o questi temi».

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