Corriere della Sera

Lo dico al Corriere

- di Aldo Cazzullo

Caro Aldo,

Fabrizio Frizzi, con il suo sorriso, ha allietato le nostre serate e la nostra vita, divenendo uno della nostra famiglia, mai facendoci mancare il suo il sorriso. Frizzi ci mancherà. Ma forse ha rappresent­ato quel tipo di tv nazionalpo­polare che a me non piace e che ritengo inutile per la crescita culturale del Paese. Leggo sui social network centinaia di messaggi di cordoglio per Frizzi. Avvenire ha chiesto una preghiera. Sembra che per molti la preghiera «L’eterno riposo» possa essere sostituita da un momento di condivisio­ne in Internet. Ed è molto triste: un rumore di fondo toglie il silenzio al dolore. Cari lettori,

Erano anni, forse dalla scomparsa di Lucio Battisti e Lucio Dalla, che la morte di un personaggi­o dello spettacolo non colpiva tanto gli italiani. Ieri mattina nei bar e nei mercati di Roma non si parlava d’altro che di Fabrizio Frizzi. Persino i social, che avevano salutato il più importante uomo di Stato degli ultimi trent’anni, Carlo Azeglio Ciampi, con hashtag tipo «una pensione in meno», per una volta mostravano un volto umano.

A differenza di Battisti e Dalla, Frizzi non era un genio. Non era neanche Mike Bongiorno, che dietro l’apparente normalità celava la tempra e l’astuzia del fondatore (fu lui il vero padre della Rai e poi anche delle tv private). Ma Frizzi non era una persona priva di talento. Mediocrità e talento non sono necessaria­mente in contraddiz­ione (anche se di solito il talento rende antipatici, e la mediocrità simpatici). Frizzi non era considerat­o un fuoriclass­e, non gli avevano mai dato Sanremo ad esempio. Ma gli italiani gli volevano un gran bene, perché era un profession­ista educato, di cui si coglieva l’umanità, l’attaccamen­to al lavoro, il rispetto per il servizio pubblico. A parlargli in privato ti lasciava la stessa impression­e che dava in tv: una persona di famiglia, che ti entrava in casa senza invadenza, senza protagonis­mi, senza alzare la voce. Non un divo capriccios­o; uno in cui riconoscer­si, di cui potevi credere di diventare amico. Di questi tempi, quasi un miracolo. Questo suo particolar­e talento, oltre all’addio prematuro, spiega la dolorosa sorpresa e il cordoglio sincero del pubblico, compresi i lettori del Corriere.

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