Le pressioni americane sulla scelta di Gentiloni Salvini: ma è poco utile
Il premier ha informato Di Maio e i capi del centrodestra
Aquella che il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson definisce con soddisfazione «la più grande espulsione collettiva di agenti di intelligence russi della storia», l’italia partecipa molto meno convinta dell’operazione rispetto ai suoi promotori. Che i diplomatici di Mosca ai quali ieri è stato intimato di lasciare il nostro Paese entro una settimana siano due, e non quattro come deciso da Germania e Francia, è un segno di mancanza di entusiasmo.
Se non fosse stato per le pressioni arrivate nel fine settimana da Washington, Londra, Berlino e in maniera meno insistente da Parigi, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, in carica per gli affari correnti, avrebbe rinunciato alle espulsioni che gli sono state sollecitate in risposta agli avvelenamenti dell’ex spia russa Sergej Skripal e della figlia Yulia, compiuti a Salisbury il 4 marzo e attribuiti Reazioni
● Ieri è stato comunicato a Mosca che due diplomatici russi in Italia dovranno lasciare il Paese
● Il 15 marzo il ministro degli Esteri Angelino Alfano si era detto «preoccupato» e aveva avuto un colloquio telefonico con il suo omologo britannico Boris Johnson assicurando appoggio da Londra a mani di Mosca. Rifiutarsi, però, avrebbe significato opporsi al nucleo principale della Nato.
Così a Gentiloni non è rimasto che definire le proporzioni da dare al provvedimento richiesto e, prima che il ministero degli Esteri italiano lo annunciasse, informarne le forze parlamentari, in particolare Matteo Salvini per la Lega, Luigi Di Maio per i 5stelle e Gianni Letta di Forza Italia affinché riferisse a Silvio Berlusconi. Queste formazioni hanno ottimi rapporti con la Russia. Gentiloni, Pd, sapeva che non avrebbe incontrato entusiasmo sul passo che per altro si sarebbe risparmiato volentieri, perché preferirebbe migliorare e non restringere i canali di dialogo con Vladimir Putin.
I due funzionari destinati a partire, i cui nomi sono stati indicati in una nota verbale mandata dalla Farnesina all’ambasciata russa, non dovrebbero essere di alto livello. Ai tempi della divisione del mondo in due blocchi, uno influenzato dagli Stati Uniti uno dall’unione Sovietica, i Paesi occidentali che non volevano risultare ostili domandavano ai sovietici quali fossero i diplomatici dell’urss più vicini alla scadenza del rispettivo incarico. Cacciare quelli presentava l’espulsione come l’adempimento di un obbligo.
Non va escluso che l’individuazione dei due russi possa aver seguito la stessa impostazione. Ci si attende che altrettanti funzionari italiani debbano lasciare Mosca.
«Boicottare Russia, rinnovare le sanzioni ed espellerne i diplomatici non risolve problemi, li aggrava», ha scritto ieri su Twitter Salvini. «Al governo non avrei fatto una scelta del genere», ha dichiarato. «Che invece che riannodare i fili del dialogo il governo italiano subisca la richiesta, che arriva da altri, ed espelle diplomatici russi mi sembra una cosa poco utile a un futuro di dialogo e convivenza», ha aggiunto Salvini.
Non è un assenso, ma neppure la più cruenta delle bocciature. Mercoledì scorso il capo della Lega è stato il primo politico ricevuto dall’ambasciatore degli Stati Uniti Lewis Eisenberg, mandato a Roma da Donald Trump, in vista della formazione del nuovo governo. Un gesto di riguardo. Benché non sia ancora chiaro quanto intenso è il contrasto tra Trump e Putin, anche da parte di chi è filorusso un po’ di cautela conviene. Gli amici di Putin avranno tempo per farsi sentire.
@dbcdan