Puigdemont tradito da una cimice rimane agli arresti in Germania
Gli 007 spagnoli avevano tracciato l’auto dell’indipendentista catalano per fermarlo
Chissà, forse un giorno qualcuno farà un film sull’avventura indipendentista catalana di questi mesi. Sarà la storia di come dei politici in giacca e cravatta si sono trasformati in barricaderi, fuggiaschi e galeotti. Gli ingredienti popolari abbondano: c’è idealismo e ambizione, colpi di scena, errori marchiani, dramma personale e collettivo. La spettacolarità è assicurata dalle scene di massa dei cortei o dal quel referendum che si tenne il primo ottobre a furor di (metà) popolo. Al copione si è aggiunta anche l’adrenalina della spy story. L’arresto domenicale dell’ex presidente catalano Carles Puigdemont pare inventato a Hollywood. Ci sono mesi di appostamenti e intercettazioni. Dodici agenti segreti che si alternano, una sala controllo dove i satelliti riversano conversazioni, immagini e persino il tracciato di una «cimice» nascosta sull’auto dell’obbiettivo. È stato con quel geolocalizzatore che gli 007 del Cni spagnolo hanno chiesto l’arresto di Puigdemont a colpo sicuro.
Il leader indipendentista avrebbe preferito farsi giudicare in Belgio, dove la legislazione sembrava promettergli più protezione rispetto a quella tedesca. Aveva dei motivi per pensarlo: ricevuto il mandato di cattura internazionale da Madrid, il Belgio non ha infatti arrestato i tre ministri catalani fuggiti assieme al loro presidente perché non li ha considerati a rischio di fuga. In Germania, invece, ieri la magistratura tedesca ha confermato la carcerazione preventiva di Puigdemont. L’esame dell’estradizione non comincerà che dopo Pasqua.
«I rapporti tra Berlino e Madrid — ha sostenuto un portavoce di Angela Merkel — non verranno in alcun modo condizionati da questa vicenda. La Spagna è una democrazia e il problema si risolverà secondo le leggi spagnole».
Così, dalla Germania, il fuoco della scena ieri è tornato a Barcellona. I disordini di domenica notte (cento feriti e sei fermi) hanno mostrato quanto sia necessario che la politica riprenda la guida delle emozioni prima che sfuggano davvero di mano. Il presidente del Parlament, Roger Torrent, ha visto i primi tre candidati alla guida del governo regionale bloccati dalla magistratura: Carles Puigdemont, l’attivista pro indipendenza Jordi Sánchez e Jordi Turull, politico di lungo corso passato al secessionismo. La novità viene da una risoluzione del Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani che ha bocciato la decisione di impedire a Sánchez di lasciare la carcerazione preventiva per sottoporsi al voto di investitura. Ripresentare Sánchez come candidato presidente sarebbe uno schiaffo ai giudici spagnoli. Un’ipotesi meno conflittuale sarebbe puntare su qualcuno gradito non solo agli indipendentisti duri e puri, ma anche a chi è contrario alla «via giudiziaria» scelta da Madrid. Le trattative sono aperte. Mercoledì è fissato il plenum. Potrebbe riaffiorare persino il nome di Puigdemont. I colpi di scena non finiscono mai.