E nel marzo 1848 Milano si tinse di tre colori
Alfio Caruso ricostruisce per Longanesi le Cinque giornate e la sconfitta (provvisoria) degli austriaci
Per il barone trentino Carlo Giusto de Torresani i patrioti italiani erano solo «gente inquieta e facinorosa». Capo della polizia austriaca a Milano, fedelissimo della dinastia asburgica, era convinto che in quel gennaio 1848 qualche sciabolata ben assestata sarebbe stata sufficiente per indurre a più miti consigli i cittadini riottosi impegnati in uno sciopero del fumo per protesta contro le autorità imperiali, che dal monopolio del tabacco ricavavano notevoli profitti. Così diede via libera alla provocazione e alla repressione, con un bilancio di alcuni morti.
L’anziano nobile sbagliava. E si salvò a stento in marzo, quando la popolazione si ribellò in massa al dominio asburgico, dando vita all’episodio insurrezionale più importante del nostro Risorgimento. È senza dubbio giustificato il titolo A Milano nasce l’italia, che Alfio Caruso ha scelto per il suo libro sulle Cinque giornate (Longanesi). Il sanguinoso scontro con gli austriaci, dal 18 al 22 marzo, forgiò alcuni combattenti indomiti della lotta per l’indipendenza, come Luciano Manara e i fratelli Dandolo, ma soprattutto incrinò senza rimedio il legame con Vienna e dimostrò che l’esercito imperiale, pur comandato da un militare di lunghissima esperienza e nervi saldi come Josef Radetzky, poteva essere battuto.
I milanesi però erano divisi. I moderati temevano gli sviluppi democratici della rivolta: invocarono l’intervento del monarca Carlo Alberto di Savoia e l’annessione al suo regno. Carlo Cattaneo, alfiere del federalismo repubblicano, si oppose alle pretese piemontesi. Nell’impossibilità di tenere Milano e con tutto il Lombardo-veneto in subbuglio, Radetzky si arroccò nel quadrilatero (comprendente Verona, Legnago, Mantova e Peschiera). Pochi mesi dopo, a fine luglio, avrebbe sconfitto Carlo Alberto a Custoza, prendendosi una clamorosa rivincita che gli avrebbe permesso di recuperare tutto il terreno perduto, Milano compresa.
Il 1848 si concluse male per i patrioti. E ancora peggio fu il 1849, con la disfatta piemontese a Novara, la repressione delle Dieci giornate di Brescia, l’epopea sfortunata della Repubblica romana, la resa di Venezia. Tuttavia quello, sottolinea Caruso, è il periodo «in cui viene gettato il seme della riscossa e del progetto unitario». Oggi è di moda svalutare il Risorgimento, spesso se ne parla dimenticando che la vera partita si giocò contro l’austria, potenza fragile, ma ancora egemone nell’europa centrale. La ricostruzione di Caruso consente di rimettere il discorso sui binari giusti.