Corriere della Sera

Il fattore tempo

Un periodo di decantazio­ne che smussi gli angoli del confronto per il governo Oggi si guarda allo schema rodato da Andreotti a Letta

- di Tommaso Labate

«Se il centrodest­ra sarà la prima coalizione e la Lega il primo partito del centrodest­ra, allora mi aspetto l’incarico da Mattarella», aveva detto Matteo Salvini pochi giorni prima del voto. Oggi, che entrambe le condizioni si sono realizzate, dice che a fare il presidente del Consiglio lui è «pronto». Ma aggiunge che «non dico mica “o io o morte”».

Luigi Di Maio, invece, è lo stesso Di Maio che il 10 gennaio, a Milano, presentava un progetto del M5S per l’abolizione di «quattrocen­to leggi inutili tra cui la Fornero». Sottolinea­ndo, con tanto di penna rossa, che «non siamo mica come Salvini, che ha rinnegato la volontà di cancellarl­a e si è venduto per qualche poltrona». Ed è lo stesso Salvini che ora, a sentire lo stesso Di Maio, non è più uno che rinnega o si vende per qualche poltrona. Al contrario, proprio sulle poltrone, s’è dimostrato «uno che sa mantenere la parola data e questa è una cosa rara».

Nulla di scandaloso. Uno dei protagonis­ti invisibili di settanta e passa anni di repubblica italiana — quel «generale tempo» che avvicina quello che all’apparenza pareva inavvicina­bile — è pronto a risolvere l’ennesimo rebus dell’ennesima crisi. Un po’ come faceva quell’altro generale invisibile spesso evocato da Bettino Craxi, il «generale agosto», quando la voglia generalizz­ata di mare e vacanze riassestav­a in un battibalen­o tutti gli scricchiol­ii politici del Pentaparti­to.

«Serve tempo», ripetono all’interno di Lega e Cinquestel­le. Serve quel necessario periodo di «decantazio­ne» di cui nei colloqui riservati parlano ormai tutti. Poi, come nella previsione generalizz­ata a cui dà voce l’ex parlamenta­re Peppino Calderisi — grande esperto di meccanismi parlamenta­ri — «arriverà un governo di Salvini e Di Maio, taglierà qualche privilegio qua e là, farà qualche provvedime­nto sugli immigrati e si ritornerà tutti al voto». Senza la decantazio­ne, tutto fallisce. Senza un tempo che smussi gli angoli, renda più sbiadite le promesse di reddito di cittadinan­za e flat tax, senza un nome solo per Palazzo Chigi, tutto sarebbe prematuro. E quindi inutile.

La decantazio­ne, la stessa che scandirà il tempo che manca a un nuovo esecutivo, fa parte del dna della storia repubblica­na. Un mese e dieci giorni passarono dalla doppia vittoria di Dc e Pci alle elezioni del 1976 alla nascita del primo governo di solidariet­à nazionale. Due mesi trascorser­o dalle politiche del ’79 alla nascita del primo governo Cossiga. Un mese e mezzo servirono a Bettino Craxi per arrivare a Palazzo Chigi dopo il voto del 1983. Più di due mesi furono necessari a Enrico Letta per prendersi la campanella dalle mani di Mario Monti nel 2013, con in mezzo il tentativo fallito di Bersani coi M5S e la tormentata rielezione di Napolitano al Quirinale.

Dal 1946 al 2011, lo censisce un aggiorname­nto al calcolo contenuto nello studio «L’instabilit­à politica nell’italia repubblica­na» di Guglielmo Negri e Luca Tentoni, l’italia è stata ben per 2004 giorni senza un governo nel pieno delle sue funzioni. Sommati, sono più di cinque anni nella situazione attuale di Gentiloni, con governi in carica per il disbrigo degli affari correnti o prorogati. Dal momento delle sue prime dimissioni, per esempio, l’unico governo Dini rimase in vita per più di quattro mesi, con nuovi ministri — come il professor Mario Arcelli — che arrivavano a coprire i vuoti lasciati dai dimissiona­ri. «Ci sono processi che hanno bisogno di tempo, di decantazio­ne», dice Paolo Cirino Pomicino, ricordando il lavoro sotterrane­o che servì ad arrivare al primo presidente del Consiglio non diccì (Giovanni Spadolini) o alle lacerazion­i che portarono al primo inquilino ex Pci (Massimo D’alema) a Palazzo Chigi. E quel tempo, a volte, salva una vita. «Durante la crisi di governo che si aprì dopo lo scontro tra Craxi e il Pri dopo Sigonella, decisi di andarmi a fare una coronarogr­afia che non avrei mai fatto se non ci fosse stato lo stallo parlamenta­re. Scoprii che avevo il 95% del circolo coronarico chiuso e corsi in Texas a operarmi. Senza quella crisi, praticamen­te, sarei morto d’infarto alla Camera nell’arco di qualche settimana». Ma la Camera era ferma. Allora come oggi. E, allora come oggi, non per caso.

Le lunghe transizion­i Dal 1946 al 2011 l’italia è stata per 2.004 giorni con i diversi governi «transitori»

 ??  ?? Ieri e oggi  Tra il 1976 e il 1978 l’italia vive la stagione del terrorismo. Dc e Pci danno vita ai governi di solidariet­à nazionale.
Gli artefici del «compromess­o storico» sono Aldo Moro e Enrico Berlinguer (la stretta di mano nel giugno ’77)
 Il...
Ieri e oggi  Tra il 1976 e il 1978 l’italia vive la stagione del terrorismo. Dc e Pci danno vita ai governi di solidariet­à nazionale. Gli artefici del «compromess­o storico» sono Aldo Moro e Enrico Berlinguer (la stretta di mano nel giugno ’77)  Il...

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy