Anche la Nato caccia i diplomatici russi
Ora sono in tutto 151. Mosca: «Ricatti americani». Saltano altre delegazioni ufficiali ai Mondiali
MOSCA Con i sette cacciati dalla Nato, sono saliti a 151 i diplomatici russi, quasi tutti spie sotto copertura, costretti a lasciare i paesi occidentali nella guerra scoppiata sull’avvelenamento dell’ex agente Skripal e di sua figlia in Gran Bretagna. Agli Stati Uniti e a un primo gruppo di paesi della Ue (compresa l’italia con due espulsioni) si sono aggiunti il Belgio e l’irlanda. Poi l’albania, l’ucraina, il Giappone, l’australia, la Moldavia e altri. La Bulgaria ha richiamato l’ambasciatore in Russia per consultazioni. E Mentre Trump ha parlato con Merkel e Macron sul coordinamento delle azioni, la Russia continua a confermare che presto risponderà «con adeguate contromisure». Il ministro degli Esteri Lavrov ha poi accusato tutti questi paesi di agire sotto «pressioni e ricatti colossali di Washington». La stessa retorica usata ai tempi della guerra fredda, sembrerebbe. Solo che il responsabile della diplomazia di Mosca ha aggiunto che alcuni di questi paesi «sussurrano all’orecchio le loro scuse». Insomma, nessuno, secondo la Russia, crede alle accuse e vorrebbe inasprire i rapporti.
I fatti, però, sembrano diversi e potrebbero anche coinvolgere pesantemente i campionati del mondo di calcio in programma a giugno. Oltre alla Gran Bretagna, anche altre nazioni hanno deciso di non mandare propri esponenti politici. L’islanda lo ha comunicato ieri. Il presidente polacco Duda ha già annunciato che rimarrà a casa. Altri paesi, tra i quali la Svezia, stanno decidendo. È possibile che l’europa nei prossimi giorni si consulti sull’argomento per prendere una posizione comune. Sulle espulsioni in Italia ci sono state polemiche. Questa volta, se la Ue deciderà di non inviare politici, al nostro governo sarà risparmiato l’imbarazzo della scelta. La nazionale non si è qualificata, non sono previste presenze ufficiali.
Stranamente, intanto, in Russia sono uscite in questi giorni interviste con ex scienziati che lavorarono ai tempi dell’urss al vasto programma di produzione e sperimentazione delle armi chimiche. Un fatto assai insolito, vista l’assoluta segretezza che anche nella Russia post-sovietica copre l’intero settore militare-industriale. Comunque gli scienziati hanno detto cose assai interessanti. La prima è che al di là del nome usato dagli inglesi, Novichok, le sostanze che avrebbero avvelenato Skripal esistevano eccome. Uno degli intervistati, Leonid Rink è stato
Parlano gli scienziati I creatori del Novichok rivelano che il veleno circolava in Europa Spinti dal governo?
definito dall’agenzia di stampa statale che lo ha intervistato, proprio il «creatore del Novichok». Con buona pace di Lavrov che ha sostenuto l’inesistenza di un simile prodotto o di un programma con questo nome. Ma le cose più rilevanti dette dagli scienziati (l’altro è un certo Vladimir Uglev) sono altre. Intanto che l’ex spia russa e la figlia sono praticamente già morti perché il Novichok (Uglev lo chiama in altro modo) non ha antidoto. Poi che grosse quantità di questi agenti nervini sono stati venduti dagli stessi scienziati a malavitosi per poche centinaia di dollari. Un uomo d’affari russo, Ivan Kivelidi, sarebbe stato ammazzato proprio con il Novichok nel 1995.
Racconti autorizzati dall’alto? È possibile perché il passo successivo (che per ora nessuno ha compiuto) sarà quello di sostenere che il Novichok prodotto nell’ex Urss è disponibile al mercato nero e che quindi chiunque lo può acquistare ed utilizzare. Anche in Gran Bretagna.