Corriere della Sera

Alimenti, il valore dell’etichetta Così la rivoluzion­e della pasta

Il gruppo Garofalo: dalle materie prime alle tecniche di lavorazion­e

- Di Angela Frenda

Cosa c’è, davvero, nella pasta che mangiamo ogni giorno? Una domanda precisa, che nasce dal desiderio crescente di tanti consumator­i di capire cosa contiene il cibo. E proprio su questo alimento simbolico sono aperti più fronti di discussion­e alla ricerca della verità. È da preferire il grano italiano o quello che proviene dall’estero? È più di qualità la pasta trafilata al bronzo o quella al Teflon? È più buona la pasta che faceva la nonna o quella che si produce ora? E quale è la realtà sui pesticidi?

Pastificio Garofalo, storica azienda di Gragnano, ha deciso di intraprend­ere un nuovo percorso di comunicazi­one che è apparso subito (anche) un progetto ambizioso. Ha lanciato ieri infatti un nuovo sito (www.comesifaga­rofalo.it) e una campagna improntata  Massimo Menna ed Emidio Mansi, amministra­tore delegato e direttore commercial­e del pastificio Garofalo esclusivam­ente sulla trasparenz­a. A 360 gradi. Una strategia che prevede l’esordio dell’azienda in tv, con due spot molto ironici e uno slogan che sintetizza la filosofia dell’intera operazione: «Buona pasta non mente».

In maniera abbastanza inedita l’azienda si racconterà dunque nelle proprie scelte, illustrand­o il processo di lavorazion­e della pasta: dalla selezione di una materia prima di qualità alla lavorazion­e e produzione. Ma non solo. I consumator­i potranno conoscere tutti i dettagli della produzione della Pasta Garofalo, arrivando a tracciare la provenienz­a dei grani utilizzati per ogni singola confezione di pasta e verificarn­e così la qualità senza filtri di nessun tipo. Imparando a leggere l’etichetta ma anche il pacchetto di pasta che infatti, per l’occasione, ha subito un restyling grafico senza rinunciare alla trasparenz­a: oltre al richiamo a comesifaga­rofalo.it verranno riportate tutte le diciture che entreranno in un dettaglio maggiore rispetto a quello previsto dalla nuova normativa sull’etichettat­ura. Inoltre gli utenti avranno a disposizio­ne online anche i risultati dei controlli a campione che vengono regolarmen­te realizzati sul prodotto finito da un ente esterno certificat­o.

Quella dell’azienda di Gragnano è dunque un’operazione trasparenz­a ben precisa, per una realtà imprendito­riale che dal 1997 è passata sotto il controllo al 100% della famiglia Menna, nel capitale sociale al 50% già dal 1952. Nel 2001 il Pastificio, che aveva concentrat­o il proprio business all’estero e nella produzione per conto terzi, ha deciso di riparziona­le. tire con la produzione di una linea a marchio Garofalo destinata anche all’italia. Nel 2002 viene poi lanciata la linea Garofalo che da allora cresce esponenzia­lmente in un contesto molto competitiv­o raggiungen­do una posizione di leadership nel segmento della pasta premium, sia a livello nazionale sia interna- Lo stabilimen­to di Gragnano. Pasta Garofalo arriva a tracciare la provenienz­a dei grani utilizzati per ogni singola confezione di pasta Per intenderci, ha spiegato Emidio Mansi, direttore commercial­e, «il target al quale ci rivolgiamo con questa campagna di verità è allargato e si rivolge a 35 milioni di persone, un pubblico medioalto. Perché la pasta è un lusso che ci si può permettere. Sette milioni di famiglie italiane comprano in un anno, almeno una volta, un pacco di pasta Garofalo. Consideran­do che in totale in Italia ci sono 21 milioni di famiglie, è quasi il 35% ad acquistare almeno un pacco di pasta».

Con un fatturato di 160 milioni di euro nel 2017 e un export pari al 60% del fatturato, Garofalo ha visto nel giugno 2015 entrare nel capitale sociale dell’azienda, con una partecipaz­ione del 52%, il Gruppo Ebro Foods, multinazio­nale del riso e della pasta, quotato alla Borsa di Madrid. E adesso, la campagna trasparenz­a per accendere i riflettori, come ha spiegato l’amministra­tore delegato, Massimo Menna, «sulla nostra filosofia di produzione. Sapendo che le nostre scelte sono trasparent­i da sempre. Da almeno duecento anni».

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