Alimenti, il valore dell’etichetta Così la rivoluzione della pasta
Il gruppo Garofalo: dalle materie prime alle tecniche di lavorazione
Cosa c’è, davvero, nella pasta che mangiamo ogni giorno? Una domanda precisa, che nasce dal desiderio crescente di tanti consumatori di capire cosa contiene il cibo. E proprio su questo alimento simbolico sono aperti più fronti di discussione alla ricerca della verità. È da preferire il grano italiano o quello che proviene dall’estero? È più di qualità la pasta trafilata al bronzo o quella al Teflon? È più buona la pasta che faceva la nonna o quella che si produce ora? E quale è la realtà sui pesticidi?
Pastificio Garofalo, storica azienda di Gragnano, ha deciso di intraprendere un nuovo percorso di comunicazione che è apparso subito (anche) un progetto ambizioso. Ha lanciato ieri infatti un nuovo sito (www.comesifagarofalo.it) e una campagna improntata Massimo Menna ed Emidio Mansi, amministratore delegato e direttore commerciale del pastificio Garofalo esclusivamente sulla trasparenza. A 360 gradi. Una strategia che prevede l’esordio dell’azienda in tv, con due spot molto ironici e uno slogan che sintetizza la filosofia dell’intera operazione: «Buona pasta non mente».
In maniera abbastanza inedita l’azienda si racconterà dunque nelle proprie scelte, illustrando il processo di lavorazione della pasta: dalla selezione di una materia prima di qualità alla lavorazione e produzione. Ma non solo. I consumatori potranno conoscere tutti i dettagli della produzione della Pasta Garofalo, arrivando a tracciare la provenienza dei grani utilizzati per ogni singola confezione di pasta e verificarne così la qualità senza filtri di nessun tipo. Imparando a leggere l’etichetta ma anche il pacchetto di pasta che infatti, per l’occasione, ha subito un restyling grafico senza rinunciare alla trasparenza: oltre al richiamo a comesifagarofalo.it verranno riportate tutte le diciture che entreranno in un dettaglio maggiore rispetto a quello previsto dalla nuova normativa sull’etichettatura. Inoltre gli utenti avranno a disposizione online anche i risultati dei controlli a campione che vengono regolarmente realizzati sul prodotto finito da un ente esterno certificato.
Quella dell’azienda di Gragnano è dunque un’operazione trasparenza ben precisa, per una realtà imprenditoriale che dal 1997 è passata sotto il controllo al 100% della famiglia Menna, nel capitale sociale al 50% già dal 1952. Nel 2001 il Pastificio, che aveva concentrato il proprio business all’estero e nella produzione per conto terzi, ha deciso di riparzionale. tire con la produzione di una linea a marchio Garofalo destinata anche all’italia. Nel 2002 viene poi lanciata la linea Garofalo che da allora cresce esponenzialmente in un contesto molto competitivo raggiungendo una posizione di leadership nel segmento della pasta premium, sia a livello nazionale sia interna- Lo stabilimento di Gragnano. Pasta Garofalo arriva a tracciare la provenienza dei grani utilizzati per ogni singola confezione di pasta Per intenderci, ha spiegato Emidio Mansi, direttore commerciale, «il target al quale ci rivolgiamo con questa campagna di verità è allargato e si rivolge a 35 milioni di persone, un pubblico medioalto. Perché la pasta è un lusso che ci si può permettere. Sette milioni di famiglie italiane comprano in un anno, almeno una volta, un pacco di pasta Garofalo. Considerando che in totale in Italia ci sono 21 milioni di famiglie, è quasi il 35% ad acquistare almeno un pacco di pasta».
Con un fatturato di 160 milioni di euro nel 2017 e un export pari al 60% del fatturato, Garofalo ha visto nel giugno 2015 entrare nel capitale sociale dell’azienda, con una partecipazione del 52%, il Gruppo Ebro Foods, multinazionale del riso e della pasta, quotato alla Borsa di Madrid. E adesso, la campagna trasparenza per accendere i riflettori, come ha spiegato l’amministratore delegato, Massimo Menna, «sulla nostra filosofia di produzione. Sapendo che le nostre scelte sono trasparenti da sempre. Da almeno duecento anni».