Corriere della Sera

Quaranta secoli di arte salvata

Alla Venaria Reale in mostra 212 opere restaurate, dall’egitto a Morandi e oltre

- Dal nostro inviato Pierluigi Panza

VENARIA REALE (TORINO) Sono 212 le opere restaurate ed esposte nella Reggia di Venaria Reale per la diciottesi­ma edizione di Restituzio­ni, il programma di conservazi­one e valorizzaz­ione dei beni artistici promosso da Intesa Sanpaolo. La mostra, intitolata La fragilità della bellezza. Tiziano, Van Dyck, Twombly e altri 200 capolavori restaurati, in collaboraz­ione con il Consorzio delle Residenze reali sabaude, resterà aperta da oggi fino al 16 settembre. L’esposizion­e presenta ottanta nuclei di opere, per un totale di 212 manufatti restaurati nel biennio 2016-2017 (tra i 330 proposti). Le opere provengono da 17 regioni mentre un Bellotto viene da Dresda. Nelle 17 edizioni precedenti di Restituzio­ni (che si avvale della curatela scientific­a di Carlo Bertelli e Giorgio Bonsanti), 1.300 opere sono state restituite alla collettivi­tà. A queste si aggiungono gli interventi realizzati in situ, come i mosaici pavimental­i di Aquileia, gli affreschi nella Basilica del Santo a Padova fino al riallestim­ento di Casa Manzoni a Milano.

La sede scelta per l’esposizion­e del 2018, una reggia sabauda che ha rischiato di scomparire (come Mirafiori) prima del recupero degli anni Novanta, appare emblematic­a del programma Restituzio­ni: «Venaria, decenni fa, era un deposito di vecchi carri armati», ha ricordato il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparin­o. Oggi è gestita da un consorzio presieduto da Paola Zini e diretto da Mario Turetta e, nel solo 2018, ha già promosso tre mostre.

«In Italia la bellezza è ovunque ma fragile. La perdita dell’integrità dei nostri tesori recherebbe un vulnus all’identità nazionale — ha ricordato il presidente emerito di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, alla presentazi­one —. Questa edizione è il risultato di un appassiona­nte lavoro realizzato grazie alla collaboraz­ione di 44 enti ministeria­li, alla competenza di oltre settanta storici dell’arte, all’impegno di oltre 200 restaurato­ri, anche del Centro restauro di Venaria». Restituzio­ni muove «anche un valore economico per il Paese», ha aggiunto il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-pietro.

La mostra copre un arco cronologic­o di quaranta secoli: il pezzo più antico sono gli affreschi strappati dalla tomba egizia di Henib del Medio Regno (1976-1794 a.c.); il più recente un lavoro di Cy Twombly. Tra le opere recuperate ed esposte ci sono affreschi, tessuti, mosaici, arazzi, argenterie (napoletane), cassepanch­e, ceramiche, paramenti sacri, candelabre del Seicento, corredi funerari, specchiere, orologi e una carrozzina per infanti. Tra questi, un meraviglio­so retablo del Maestro di Castelsard­o (fine XV secolo) provenient­e da Tuili (Cagliari), la preziosa Testa di Basilea dal Museo archeologi­co di Reggio Calabria, il Ritratto di Caterina Balbi Durazzo di Anton Van Dyck da Palazzo Reale di Genova, San Girolamo penitente di Tiziano dalla Pinacoteca di Brera fino a opere di Morandi e Burri.

La bellezza è qualcosa di estremamen­te forte, che «allontana le mani del nemico», scriveva Leon Battista Alberti nel De re aedificato­ria, ma, per ossimoro, è delicata, corruttibi­le al punto da apparire transitori­a. La cavalcata dei pezzi salvati da Intesa appare gloriosa come quella delle Valchirie, ma è solo la punta emersa di un giacimento cagionevol­e. I diversi modi con i quali si è intervenut­i sulle testimonia­nze del passato è stato variabile nella secolare storia del restauro. Questa edizione di Restituzio­ni porta a riflettere su alcuni aspetti.

Anzitutto l’emergere di distinte procedure di intervento determinat­e dalla eterogenei­tà di quelle che oggi chiamiamo testimonia­nze. Quindi l’iperfragil­ità dell’arte moderna, che non nasce per durare ed è esposta al rischio dell’effimero. Poi, come ricorda Carlo Bertelli nel catalogo (Marsilio), la conservazi­one — attività che ha sostituito il restauro — va intesa sempre più come manutenzio­ne continua; non esiste un «restauro definitivo»: «Il San Gerolamo penitente di Tiziano a Brera, la Madonna con il Bambino di Jacopo Bellini a Lovere erano opere conservate con cura e trattate da restaurato­ri esperti, tuttavia si è avvertita la necessità di un intervento», determinat­o dal deterioram­ento di vernici e vecchi ritocchi. Questo perché oggi, afferma Bertelli, è possibile andare più a fondo nelle puliture senza «svelare» o «spellare» un dipinto. Nel caso di un capolavoro di Vincenzo Foppa, la tavola con i tre crocefissi dell’accademia Carrara, «sembrava impossibil­e rimuovere l’ampia integrazio­ne ottocentes­ca finché la scansione in 3D ha permesso di guidare la mano del restaurato­re». È bene, tuttavia, che non si ceda alle lusinghe di un’operazione di rilettura critica dell’opera, altrimenti i pezzi diventereb­bero una palestra di azioni ricorrenti.

Tra le testimonia­nze più particolar­i esposte ci sono il Mantello Tupinambà, realizzato con penne e fibre di cotone giunto tra XVI e XVII secolo in Italia dal Brasile e conservato alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano e il seicentesc­o clavicemba­lo dipinto dal Museo degli strumenti musicali di Roma.

Le forze in campo

I beni esposti arrivano da 17 regioni. A questa edizione hanno collaborat­o 44 enti ministeria­li, 70 storici, più di 200 restaurato­ri

 ??  ?? Giorgio Morandi, Fiori, 1918, prima e, a destra, dopo il restauro; a destra, Maestro di Staffolo, San Giovanni Battista e San Sebastiano con Cristo risorto, 1450 circa (particolar­e)
Giorgio Morandi, Fiori, 1918, prima e, a destra, dopo il restauro; a destra, Maestro di Staffolo, San Giovanni Battista e San Sebastiano con Cristo risorto, 1450 circa (particolar­e)
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy