Corriere della Sera

«Un altro pianeta a Bamberg Qui si lavora bene»

Banchi: «Milano schiava dei cambiament­i»

- Roberto De Ponti

Luogo dell’incontro?

«La lounge di un hotel».

Diversa dalla birreria di Cantù dove le venne offerta la guida di Milano.

«Eppure mi hanno sgamato anche qui. Sono sceso la sera prima nella hall per far funzionare il computer e ho incontrato Arturas Karnisovas, che ho conosciuto da giocatore a Bologna e che oggi è il gm dei Denver Nuggets. “Che ci fai qui?”, mi ha chiesto. E quando io mi sono arrampicat­o sugli specchi, è scoppiato a ridere e mi ha detto: “ahhh, vuoi vedere che c’è un allenatore italiano pronto a sostituire un altro allenatore italiano?”. Ed eccomi spoilerato».

Che squadra ha trovato?

«Una squadra spremuta da tanti infortuni, dal calendario fitto dell’eurolega e stressata dal cambio dell’allenatore».

Insomma, un inferno...

«Non esageriamo. La realtà è che per il Bamberg questa era una stagione di profondi cambiament­i, una flessione di rendimento poteva essere preventiva­ta. L’avvicendam­ento tecnico mi ha sorpreso».

È la prima volta che prende una squadra in corsa.

«Sì, e questo rende l’avventura ancor più interessan­te».

E domani ritrova il basket italiano: in Eurolega ospitate Milano.

«Partita difficile».

Da allenatore, quest’anno la Milano del suo amico Simone Pianigiani l’ha già battuta. Sulla panchina di Torino.

«Una vittoria bella, perché attesa. Venivamo dal successo con Venezia, battere Milano era la quadratura del cerchio».

Vista da fuori, riesce a dare una spiegazion­e del perché Milano non riesce mai a rendere come dovrebbe?

«Vista da fuori non lo so. Da dentro, io l’ho vissuta e non ci sono riuscito».

Perché?

«Difficile dare una spiegazion­e. Con Simone hanno avviato un nuovo ciclo, verrebbe da dire l’ennesimo...».

Verrebbe da dire che questa è una frecciatin­a...

«Dico solo che l’unica cosa che a Milano non cambia mai è l’urgenza di cambiare».

È un’accusa precisa.

«Quando è toccato a me, ho sperato che aver vinto il campionato e sfiorato le final four di Eurolega fosse un buon pretesto per consolidar­e e costruire qualcosa».

E invece?

«Invece la proprietà è stata chiara: il ruolo dei giocatori sarebbe dovuto cambiare, più spazio a giocatori che si pensava avessero le caratteris­tiche per diventare importanti e rinuncia invece a giocatori che per status, vedi Langford, o per valore, vedi Jerrells, sarebbero costati di più. Una scelta accettabil­e, ma non è detto che poi si riesca a ricreare la Allenatore

Luca Banchi, 52 anni, di Grosseto, tecnico del Bamberg (Ciamillo Castoria) stessa chimica. E così non è stato».

Avete perso lo scudetto...

«Contro l’avversaria più forte che ho trovato in Italia in tutta la mia carriera di allenatore e di vice. Nemmeno la Roma di Bodiroga era così super. Sassari fu capace di assemblare tanto talento tutto insieme. Non ci è mai più riuscita».

Nemmeno Milano.

«Il primo anno ci avevo messo impegno, avevo superato le mie difficoltà di convivenza con Ale Gentile, con l’aiuto di Proli e Portaluppi avevamo fatto digerire alla squadra il cosiddetto “nucleo senese”, avevamo disputato una stagione importante, speravo di trovare maggiore tranquilli­tà l’anno successivo. Ma come detto, a Milano la continuità sta nel cambiament­o».

Anche a Torino, pare. Che sensazione ha provato vedendo la «sua» squadra vincere la Coppa Italia?

«Non era più la mia squadra, tanti giocatori nuovi. Ma è stato bello vederli vincere, i giocatori che ho allenato, lo staff con cui avevo lavorato. Vedere la gioia dei miei collaborat­ori è stato impagabile».

Vogliamo parlare del suo addio a Torino? Com’è andata davvero?

«Non cedo alla tentazione di parlarne. È stata una decisione che probabilme­nte avevo già preso in estate. Com’è andata io lo so e lo sanno loro. Restano la mia azione, la mia decisione, le conseguenz­e. Ho sentito tante ricostruzi­oni, mai uscite da me. Almeno io, non cedo alla tentazione».

d Bello per me vedere Torino conquistar­e la Coppa Italia: la decisione di andare via forse è nata già in estate

d Speravo che con il titolo iniziasse una fase di consolidam­ento dell’olimpia No, si decise di cambiare ancora dei giocatori

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