Corriere della Sera

«Consip, nessun complotto contro Renzi»

Scafarto torna in servizio: ha solo commesso errori L’ex capitano del Noe è indagato per depistaggi­o e falso

- di Giovanni Bianconi

Caso Consip, i giudici del Riesame sconfessan­o Procura e gip di Roma che avevano sospeso l’allora capitano del Noe dei carabinier­i Gianpaolo Scafarto, oggi maggiore e già riammesso in servizio. «Nessun complotto per colpire Renzi, solo errori».

ROMA Tre giudici del tribunale del Riesame sconfessan­o la Procura di Roma e il giudice dell’indagine preliminar­e che avevano sospeso dal servizio l’ex capitano del Noe dei carabinier­i Gianpaolo Scafarto, inquisito per falso, depistaggi­o e violazione di segreto nell’inchiesta sugli appalti Consip. Non c’è alcuna prova che l’ufficiale dell’arma (nel frattempo promosso maggiore per un automatism­o di carriera) abbia manipolato l’informativ­a indirizzat­a ai magistrati per danneggiar­e Tiziano Renzi e di conseguenz­a suo figlio Matteo; ha commesso degli errori, come tante volte accade, senza la volontà di nuocere all’ex premier. Né è dimostrato che abbia voluto eliminare le tracce del proprio comportame­nto con la manomissio­ne del telefonino del suo superiore.

Un ribaltamen­to delle tesi dell’accusa pressoché totale, che riscrive un pezzo importante della storia dell’indagine Consip; almeno per il momento, giacché la Procura farà ricorso in Cassazione e c’è da ritenere che non sarà l’ordinanza del Riesame a modificare le convinzion­i dei pubblici ministeri. Tuttavia Scafarto ha vinto una battaglia importante, per se stesso e per rintuzzare i sospetti di «indirizzo politico» che gravano sul lavoro svolto quando il fascicolo era gestito dalla Procura di Napoli. Il giudice romano Gaspare Sturzo che aveva ordinato l’interdizio­ne per un anno accogliend­o la richiesta del procurator­e aggiunto Paolo Ielo e del sostituto Mario Palazzi, parlò di «volontario travisamen­to della verità» e «mistificaz­ione delle evidenze» da parte del carabinier­e; e i pm — riferisce il Tribunale — hanno «esplicitam­ente espresso la convinzion­e che Scafarto abbia avuto la finalità di dimostrare il coinvolgim­ento di Tiziano Renzi e l’interesse a interferir­e nelle indagini da parte del figlio Matteo, allora presidente del Consiglio». Ma questo, secondo i magistrati che hanno accolto l’appello degli avvocati difensori Giovanni Annunziata e Attilio Soriano, non è dimostrato. Non c’è stato alcun complotto contro Renzi, padre o figlio che sia.

Uno degli elementi d’accusa è l’attribuzio­ne all’imprendito­re Alfredo Romeo della famosa frase «l’ultima volta che ho incontrato Renzi», nonostante altri investigat­ori del Noe avessero chiarito a Scafarto che a pronunciar­la fu l’ex parlamenta­re Italo Bocchino. Ma per il Riesame quell’intercetta­zione è «un dato oggettivo di tale evidenza che non avrebbe avuto alcuna possibilit­à di passare inosservat­o, come in effetti è accaduto», e dunque «le evidenze istruttori­e consegnano una realtà diversa, che induce a propendere per l’errore involontar­io». Anche perché, in ogni caso, l’interpreta­zione di Scafarto «poco avrebbe apportato al suo intento di “inchiodare Tiziano Renzi alle sue responsabi­lità”», come scrisse nell’informativ­a.

Esaminando uno a uno gli indizi accumulati dai pm, senza la lettura unitaria suggerita dall’accusa, i giudici smontano anche la storia del presunto interesse dei servizi segreti all’indagine Consip; nelle conclusion­i di Scafarto era la dimostrazi­one che l’ex premier Renzi aveva «messo in campo tutte le risorse disponibil­i per tutelare la sua famiglia», tacendo di aver accertato che le persone sospette non erano 007, bensì ignari cittadini. Per il Tribunale, invece, sarebbe «singolare» che un pubblico ufficiale dichiarass­e per iscritto la propria «finalità perseguita attraverso la commission­e di un falso». Dunque «è certamente verosimile che l’indagato abbia deciso di eliminare dall’informativ­a alcuni dati che, in quanto non utili alle indagini, risultavan­o irrilevant­i».

Ma c’è di più. Il Riesame sottolinea che in un'altra circostanz­a fu proprio Scafarto a correggere l’interpreta­zione di una frase intercetta­ta evitando di tirare in ballo Marco Carrai, stretto amico di Renzi: «La vicenda è decisament­e rilevante, perché smentisce la tesi dell’accusa in ordine alla volontà dell’indagato di coinvolger­e nella vicenda Consip l’allora presidente del Consiglio».

Il depistaggi­o sarebbe insussiste­nte poiché la presunta manomissio­ne di un telefonino per cancellare le tracce di vecchie comunicazi­oni avvenne alla presenza di altri carabinier­i, e «il buon senso induce a ritenere» che ciò sia «altamente improbabil­e». E pure l’invio di atti d’indagine ad alcuni ufficiali transitati dal Noe ai servizi segreti (fra cui l’ex capitano Ultimo) perde valore «attesa la qualità dei soggetti ai quali sono stati trasmessi i file riservati».

Braccio di ferro

«Gli sbagli commessi sono stati involontar­i» La Procura di Roma ricorrerà in Cassazione

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Sotto inchiesta Il capitano dei carabinier­i Gianpaolo Scafarto: è indagato per depistaggi­o, falso e rivelazion­e del segreto istruttori­o (Tanopress)
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Tiziano Renzi È indagato per traffico di influenze illecite (Ansa)

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