Corriere della Sera

Ricatti e furto di dati Crescono i reati social

- di Fiorenza Sarzanini

ROMA Minacce, ingiurie, ricatti sessuali, stalking: mentre calano i reati nel mondo reale, c’è un incremento di quelli dell’universo virtuale. Aumentano le denunce e i provvedime­nti personali, ma la strada per rendere sicuro l’utilizzo dei social appare tortuosa. E non soltanto per i minorenni. Perché negli ultimi mesi sono cresciute in maniera evidente le violazioni illecite legate all’accesso a quei siti — primi fra tutti Facebook e Twitter — che consentono di essere parte della comunità del web. Delitti legati soprattutt­o alla possibilit­à di localizzar­e e «profilare» gli utenti avendo così la possibilit­à di usare i dati personali, anche quelli più riservati.

Furti di identità e pedopornog­rafia

La dimostrazi­one è nei numeri della Polizia Postale che monitora costanteme­nte la rete e disegna il quadro di una situazione che appare in continua evoluzione. Caso più eclatante è certamente quello dei furti d’identità con 2.076 denunce nel 2017 (erano 2.108 nel 2016) e ben 369 episodi nei primi tre mesi del 2018.

Anche le operazioni contro le organizzaz­ioni specializz­ate nella pedopornog­rafia online, che utilizzano siti apparentem­ente innocui, hanno dimostrato come organizzat­ori e

I fotomontag­gi Nelle estorsioni, a partire dall’immagine di un adulto, spesso vengono costruiti fotomontag­gi con minori. Poi vengono chiesti soldi alla vittima

clienti si tengano in contatto attraverso i social, creando gruppi di discussion­e che in realtà sono finalizzat­i allo scambio di dati. Tra Rete e social sono 55 le persone arrestate (16 per i social) e 600 quelle denunciate dopo controlli che hanno coinvolto 28.784 siti internet, di cui 2.077 inseriti nella black list.

Ricatti sessuali e stalking

È uno dei crimini più odiosi perché approfitta della buona fede di chi cerca amici e si ritrova sotto ricatto, fenomeno noto come sex extortion: 1.048 i casi trattati dagli specialist­i della polizia nell’ultimo anno, 201 tra il 1 gennaio scorso e ieri. La tecnica è sin troppo semplice: una bella ragazza chiede amicizia, comincia a chattare, propone sesso virtuale o chiede almeno una foto o un video in cui l’amico si mostra nudo.

Basta una settimana e scatta la trappola. «O paghi o le immagini finiranno su Youtube», la minaccia più frequente. «Capita spesso che la vittima sia convinta a dare il proprio numero di cellulare — sottolinea il direttore della Postale Nunzia Ciardi — e la conversazi­one si sposti su whatsapp.a quel punto il gioco è fatto. Anche perché molti creano fotomontag­gi, costruisco­no filmati o immagini con minori. Ci sono profession­isti ritratti con bambini che hanno ceduto al ricatto, altri che si sono suicidati per la paura di essere rovinati».

Pochi giorni fa una ragazza ha denunciato di essere vittima di atti persecutor­i, molestie e minacce: un suo ex fidanzato aveva registrato suoi falsi profili, contenenti immagini anche intime, sottratte all’insaputa della parte offesa e la perseguita­va perché lo aveva lasciato.

L’uomo è stato arrestato grazie alla collaboraz­ione di Facebook che ha concesso i dati ritenendo che ci fosse un pericolo reale. Ma la coopera-

zione non è affatto scontata, soprattutt­o per quanto riguarda i reati di diffamazio­ne e ingiurie, visto che la legislazio­ne statuniten­se ha particolar­i tutele per i reati di opinione.

La localizzaz­ione e la rubrica

Allarma la frequenza dei furti d’identità, ma preoccupan­o soprattutt­o le modalità utilizzate per tenere sotto controllo gli utenti. Le organizzaz­ioni criminali — spesso strutturat­e in diversi Stati europei — sono concentrat­e sulle frodi informatic­he e il cosiddetto phishing che consente di «utilizzare le identità delle vittime per il trasferime­nto del denaro e la successiva apertura di conti correnti e attivazion­e di carte di credito sui quali vengono poi accreditat­e le somme illecitame­nte acquisite». Ma non deve essere sottovalut­ata l’attività di chi riesce a carpire i dati sensibili attraverso operazioni innocue e perfettame­nte legali.

Ciardi lo spiega analizzand­o ogni passaggio: «Ci sono comportame­nti che non hanno conseguenz­e penali ma possono avere conseguenz­e gravissime. Pensiamo all’uso delle applicazio­ni che dopo l’apertura richiedono l’accesso alla rubrica, alla telecamera e al microfono del proprio cellulare. Ognuno può decidere che cosa vuole fare, ma deve avere ben chiare le conseguenz­e. Valutare che cosa può accadere anche quando si decide di scaricare i giochi e di sfidare altri utenti online. Spesso per cercare un negozio si apre la schermata e si seguono le indicazion­i stradali per raggiunger­lo. È una comodità, ma si deve essere consapevol­i che in quel momento si fornisce la localizzaz­ione ad un’impresa commercial­e. C’è chi usa questi dati in maniera corretta e trasparent­e. Altri «profilano» l’identikit e nessuno può prevedere che cosa accade dopo».

I dati politici e il proselitis­mo

Il condiziona­mento delle personalit­à degli utenti è certamente uno degli aspetti più delicati per quanto riguarda la prevenzion­e delle attività illecite su web e social. L’ultimo rapporto della Postale evidenzia «la strategia mediatica messa in campo dalle organizzaz­ioni terroristi­che di matrice religiosa islamista» proprio per fare proselitis­mo riconoscen­do però che «gran parte dei contenuti illeciti pubblicati su internet vengono rimossi direttamen­te dai gestori, garantendo un’azione più incisiva per ridurre la proiezione esterna e virtuale del Califfato». Attività di prevenzion­e che non sempre viene effettuata dai gestori quando si trattano ed eventualme­nte si cedono i dati senza sapere il fine. Il caso che coinvolge Cambridge Analytica, la società accusata di aver acquistato da Facebook milioni di dati personali di utenti ha dimostrato la capacità di «condiziona­re» la volontà degli elettori con informazio­ni mirate proprio grazie all’acquisizio­ne di informazio­ni riservate. Su questo indaga adesso la magistratu­ra romana per scoprire se anche in Italia qualcuno sia riuscito a sfruttare notizie privilegia­te.

La localizzaz­ione

Di solito per cercare un negozio si dà la propria localizzaz­ione a un’impresa commercial­e ma non tutte sono corrette

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