La furbata diventa uno scandalo L’australia tradita si ribella e cancella gli eroi del cricket
Charles De Gaulle disse una volta che una nazione non è nulla se non ha una storia che la unisce. La «storia» che unisce l’australia è il cricket e questo spiega perché la «furbata» architettata sabato scorso a Città del Capo, in una partita contro il Sudafrica, da tre giocatori aussie si sia trasformata in una vergogna nazionale.
Steve Smith, capitano, David Warner, vicecapitano e primo battitore, e Cameron Bancroft sono stati immortalati dalla tv mentre nascondevano nei calzoni dei pezzetti di carta vetrata. Lo scopo: sfregarli sulla palla per ottenere effetti imprevedibili e ingannare i battitori avversari. Si chiama «ball tampering» e secondo il regolamento internazionale è un’«offesa di secondo livello», in pratica equivale a un gestaccio. Squalifica prevista: una partita. Ma a Smith, Warner e Bancroft è andata decisamente peggio. Un po’ perché hanno cercato di far finta di niente, molto perché il cricket — e il rispetto delle regole — per gli australiani è una faccenda sulla quale non si scherza. Se considerate che Sir Donald Bradman, battitore da quasi 100 punti a partita degli anni 30 e 40, venne definito dal suo primo ministro il più grande australiano vivente quando di anni ne aveva quasi 100, capirete perché il primo ministro in carica, Malcolm Turnbull, si è detto «choccato e incredulo». Come del resto tutti i suoi connazionali.
Insomma, i tre eroi nazionali sono diventati feccia nel giro di un pomeriggio. Smith e Warner sono stati squalificati per un anno, Bancroft per 9 mesi. Dalla federazione australiana, non da quella internazionale. Una figuraccia colossale (chissà come verranno accolti al ritorno in campo, se mai torneranno) e una perdita economica considerevole. La Premier indiana, dove i migliori vanno a giocare in cambio di contratti pesanti, li ha immediatamente tagliati. Smith e Warner, in coppia, ci hanno rimesso quasi 3 milioni di dollari.
Non è una semplice questione di sport. C’è di mezzo il retaggio vittoriano, l’imperativo morale di giocare secondo «la lettera e lo spirito» dello sport. Il concetto di gentiluomo britannico, il fair play, la convinzione che l’onestà nello sport sia la metafora dell’onestà nella vita, la storia e l’opinione che un Paese (l’australia in questo caso) ha di sé. Quando nel XVIII secolo le navi inglesi attraccavano nella baia di Sydney si organizzava immediatamente una partita di cricket. E ancora oggi