«Nine One One», la serie popolare che non cade nella banalità
N ove-1-1» è il titolo della nuova serie firmata da Ryan Murphy, uno dei più importanti autori della tv americana di oggi (Fox Life, martedì sera). Il termine autore è da leggersi come showrunner, quella personalità creativa e manageriale che ha la responsabilità finale sulla serie (in Italia è un ruolo che ancora fatica ad affermarsi nonostante qualche tentativo).
Recentemente Murphy ha fatto molto parlare firmando un accordo per passare da Fox a Netflix. Il suo è il secondo caso dopo quello di Shonda Rhimes, a testimonianza che la competizione tra questi colossi mediali si gioca molto sul talento dei creativi, risorsa scarsa e preziosa. Murphy è in effetti uno degli autori contemporanei più prolifici: ha ideato Nip/tuck e Glee, ha curato serie di prestigio come American Horror Story, Feud, Scream Queens.
Quello che stupisce è la sua capacità di parlare a più destinatari: serie più raffinate e «di nicchia», pensate per un pubblico abituato alle sfide della complessità, vedi il caso recente di American Crime Story - Versace (che non ha pienamente convinto). E serie più popolari, potremmo dire generaliste, destinate a un pubblico più largo ma non meno esigente. È il caso appunto di Nine One One, la serie dedicata alle operazioni di salvataggio condotte da vari corpi specializzati: i First Responder del 911, i vigili del fuoco, la polizia.
La struttura è quella classica dei «procedurali», casi di puntata che si aprono e chiudono e, a fare da collante, le vicende private dei soccorritori, che spesso aiutano il prossimo anche per non pensare ai drammi personali: dipendenze, matrimoni in crisi, familiari ammalati. Come se lenire le sofferenze altrui fosse un balsamo per le proprie. La sfida è ancora più difficile che parlare alle nicchie: essere popolari senza cedere alla banalità. Certo, un cast di primo piano che va da Angela Basset a Peter Krause aiuta e non poco.