Corriere della Sera

Addio a Mondonico l’allenatore-artigiano

L’allenatore è morto ieri dopo una lotta con il cancro durata sette anni

- di Cristiano Gatti, Aldo Grasso e Mario Sconcerti

Nella sua cascina c’erano sempre una fetta di salame e un bicchiere di vino, per chi si prendesse la briga di andarlo a trovare. In quell’atmosfera genuina di bassa provincia, l’atmosfera dei Guareschi e degli Olmi, Emiliano era cresciuto, da lì era partito, lì tornava sempre, in fondo da lì non se n’era andato mai. Una vita come cerchio perfetto: l’inizio all’oratorio, poi giocatore a Cremona, poi allenatore in giro per città, fino a chiudere il grande giro di nuovo all’oratorio. Qui era tornato ultimament­e, senza dare l’aria di non sapere come passare il tempo, per regalare un po’ di se stesso ai giovani ripescati dal naufragio nell’alcol. Gli volevano bene loro, gli volevano bene nelle tv dove andava a dir la sua, gli volevano bene ovunque riuscisse a piantare la bandiera di una ruspante umanità.

Gli piaceva dire che l’estro è fondamenta­le, ma che qualcuno non capisce quanto sia importante disciplina­rlo. Parlava

Antonio Cabrini È stato un po’ il nostro Best. Da lui ho imparato tantissime cose, era un uomo meraviglio­so

 Urbano Cairo Un tifoso mi ha scritto: «Mondonico era una sorta di papà granata» Rende molto bene l’idea

Roberto Cravero Si vede che c’era una squadra lassù che aveva bisogno di un allenatore geniale e ha chiamato lui

di se stesso, del se stesso giovane talento che mai avrebbe voluto allenare.

Lasciava che lo raccontass­ero come ragazzo ribelle, tutto Beatles e generazion­e beat. Gli piaceva, questa cosa. Ma non gli piaceva che lo accodasser­o alla lunga fila dei tipi nati incendiari e finiti pompieri. Difendeva la sua personalit­à a baffo spianato. Ci marciava pure, se capitava, ad esempio quando gli dicevano che non era tipo da grande club: ma quale deficit tecnico, si difendeva, gli mancavano solo i requisiti da yes-man. E ne andava fiero.

Si racconta che fosse la vittima eccellente dei tre punti per la vittoria. Un po’ vera e un po’ carogna, la diceria spiegava comunque il suo modo di stare in panchina: tassativam­ente evitare di prendere gol, e se arriva il pareggio sia benedetto, perché il calcio è come il maiale, non si butta via niente.

Eppure anche con squadre formato famiglia sapeva come scatenare le anime candide degli eterni perdenti. E comunque là, ai partitoni europei con i suoi smandrappa­ti del Toro e dell’atalanta, non ci arrivava sparando palloni in tribuna, ma facendo galoppa- re anche i purosangue, che amava di amore sincero, perché sapeva godersi la signora bellezza.

Poi il cancro, poi la lotta, poi tutto il resto. E questa malinconia che adesso prende l’italia intera, perché non viene a mancare il granata o il nerazzurro, ma un uomo come si deve. Sette anni di contropied­e contro la malattia possono bastare.

Sul finire dell’autunno mi aveva detto in leggerezza parole tetre: «Sono stanco. Dovrei fare un controllo prima di Natale, ma non lo farò. Basta. Passo delle buone feste in famiglia e succeda quel che succeda. Prima o poi dobbiamo andarcene».

Se alla fine l’avversario è più forte, bisogna riconoscer­lo e accettarlo. Il Mondo era un cuore leale. Sul campo, nella vita. È sempre un peccato quando la partita finisce. Ma la cosa veramente importante è averla giocata così.

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 ??  ?? Maestro Emiliano Mondonico ha ottenuto 5 promozioni dalla B alla A con Cremonese, Atalanta (2), Fiorentina e Torino (Lapresse)
Maestro Emiliano Mondonico ha ottenuto 5 promozioni dalla B alla A con Cremonese, Atalanta (2), Fiorentina e Torino (Lapresse)

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