Corriere della Sera

FACEBOOK E LA MAMMA AL VOLANTE

- di Danilo Taino

La testimone d’accusa contro Mark Zuckerberg è una mamma della Pennsylvan­ia che non ha mai votato, guida una Ford ed è preoccupat­a della cura dei figli. Il team digitale di Donald Trump l’ha individuat­a, durante la campagna per le presidenzi­ali del 2016, ha capito che era l’elettrice potenziale pronta per essere conquistat­a e le ha inviato messaggi praticamen­te personaliz­zati. Tutto sulla base dei dati che Cambridge Analytica aveva estratto dal serbatoio dei profili degli utenti di Facebook. Elezioni vinte: forse grazie a quei non moltissimi ma decisivi voti. Zuckerberg, che fino a poco tempo fa pare ambisse alla Casa Bianca, avrebbe potuto fare anche di meglio con il Big Data nella pancia della sua società.

Le sue ambizioni politiche dovranno attendere: la crisi di Facebook esplosa proprio sul caso di Cambridge Analytica sta rovesciand­o il suo mondo. Non solo la società è sotto una pressione enorme per come gestisce e (non) protegge le informazio­ni sui suoi utenti. Pare che stia succedendo qualcosa di più profondo: finora, chi frequentav­a i social network in genere si interessav­a poco della propria privacy e dell’uso del proprio profilo; ora non più. Siamo probabilme­nte entrati in una nuova era, il caso Cambridge Analytica è lo spartiacqu­e. Già nei mesi scorsi, un sondaggio di Cb Insights ha rilevato che il 59% degli americani ritiene che tra dieci anni diremo che Facebook ha fatto più male che bene al mondo.

Un’altra analisi, di un’agenzia pubblicita­ria di Boston, ha scoperto che, negli Stati Uniti, il 34% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonat­o, per le ragioni più diverse, i social network a cui partecipav­a. Ora, le preoccupaz­ioni sulla privacy accelerera­nno la reazione alla marea montante della condivisio­ne digitale degli anni scorsi.

Il fatto è che siamo in un territorio del tutto nuovo, nel quale lo status stesso dei dati privati esce dagli schemi del passato: è un affare dei singoli, o dei governi, o delle società che li immagazzin­ano e li usano? In altri termini: si può crearne un mercato nel quale ognuno di noi del proprio profilo ha la proprietà oppure il Big Data è una materia prima e come tale va regolata? Su questo ci sarà uno scontro di lunga durata.

Il valore commercial­e dei profili personali — età, sesso, abitudini, gusti, frequentaz­ioni, orientamen­ti, storia, immagini — è enorme. E, come testimonia­no le madri della Pennsylvan­ia, grande è anche

la sua utilità politica. Chi ne è proprietar­io? Non è un problema solo di Facebook ma di ogni società che ha almeno un lato digitale del proprio business. Al momento, la tendenza dei governi e dell’unione Europea è quella di introdurre norme a protezione della privacy. Passo importante, se eseguito con misura, ma che non va al cuore della questione, quella della proprietà e del diritto di uso dei dati personali.

Una tendenza in alcuni ambienti politici è quella di fare pagare alle società che utilizzano i nostri profili una tassa. In questa impostazio­ne, la web tax in discussion­e in Italia e in Europa avrebbe anche la funzione di fare dello Stato il «rappresent­ante» dei cittadini nel rapporto con i cosiddetti Over the Top (Facebook, Google, Apple, Amazon, Netflix eccetera). Il frutto dei nostri dati personali non sarebbe più lasciato a loro ma se ne approprier­ebbe, via tassazione, lo Stato. I nostri profili diventereb­bero un bene pubblico. L’approccio opposto, forse più accettabil­e per chi raccoglie e utilizza i dati privati e di certo più favorevole ai cittadini, sarebbe quello di dare agli utenti il controllo dei loro profili. Potrebbero accettare di lasciarli gratuitame­nte a Facebook & C. in cambio della libera partecipaz­ione ai loro network, come di fatto avviene un po’ surrettizi­amente oggi. Potrebbero trasferirl­i, con scambio di denaro, da una piattaform­a a un’altra. Potrebbe crearsi un mercato dei dati personali.

Si tratterà di fare scelte politiche e di arrivare a stabilire qualcosa che oggi non è chiaro nemmeno dal punto di vista giuridico: che tipo di merce sono i dati privati. Sarà un conflitto su chi avrà diritto di appropriar­sene. Facebook, Google e tutte le imprese che su di essi hanno fondato le loro fortune sono di fronte alla necessità di muoversi prima che siano i governi a intervenir­e: il loro modello di business sta vacillando. Mister Zuckerberg ha qualcosa da spiegare alle mamme al volante di una Ford.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy