Corriere della Sera

Dallo zig zag delle toghe comunque un insuccesso

- L. Fer.

Comunque sia andata, è stato un insuccesso. L’aforisma di Chiambrett­i, ritoccato per adeguarlo agli zig zag togati nelle inchieste Expo, calza alla fase iniziale 20132015, quando sarebbe stato il momento giusto per indagare a fondo e invece la Procura della Repubblica alzò il piede dall’accelerato­re, intervenen­do su stretti collaborat­ori di Sala con arresti e rapide condanne per circoscrit­te tangenti ma badando poi — nello scontro tra il procurator­e Bruti Liberati e il vice Robledo — a non rischiare che ulteriori verifiche potessero interferir­e con l’apertura già in affanno di Expo. Ma l’aforisma vale anche per l’avocazione nel 2016 da parte della Procura generale, pur risultata in grado di non sorvolare più per Sala sulla retrodataz­ione nel 2012 della sostituzio­ne di due commissari di gara, e anzi di dimostrare che nelle stesse carte scartate dalla Procura della Repubblica esistesser­o a carico di altri 7 indagati anche ipotesi di reato giudicate ieri molto serie dalla giudice (come la corruzione del progettist­a della Piastra). Sulla fornitura degli alberi di Expo, infatti, i pg si sono incistati su ripetuti cambi di imputazion­e a Sala: da niente a turbativa d‘asta, da turbativa ad abuso d’ufficio, da abuso all’insaputa di Sala ad abuso in concorso con Sala, dall’illegittim­ità dell’articolo 57 del codice appalti a quella dell’articolo 2384 del codice civile. Slalom che i due magistrati — subentrati all’iniziale titolare (poi pensionato) sempre sotto l’egida del procurator­e generale Roberto Alfonso, dopo la fine inchiesta ma prima della richiesta di giudizio — in aula hanno motivato con la «rilettura degli atti da parte di pm diverse persone fisiche». Non proprio l’idea di un ufficio impersonal­e, se l’imputazion­e cambia al ritmo della pensione di questo o quel magistrato.

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