Corriere della Sera

BIN SALMAN DA OPRAH UN SALTO DI QUALITÀ PER IL SOFT POWER SAUDITA

- Di Simone Sabattini

Cosa potranno dirsi una superstar della television­e americana e icona del riscatto black come Oprah Winfrey e l’onnipotent­e principe della monarchia saudita Mohammed bin Salman? Se l’incontro realmente avverrà — lo anticipa l’independen­t — sarà una nuova tappa della lunga cavalcata a Ovest dell’erede al trono d’arabia, ormai noto come Mbs. L’approdo è suggestivo ma conviene concentrar­si sul viaggio. E non solo quello reale, in corso, in terra americana. «Quando incontri Oprah, stai cercando l’approvazio­ne di un opinion maker. Stai entrando nella casa delle persone e penetrando in profondità la cultura americana», notano gli analisti. Mbs corre. Su tanti binari paralleli. Quelli economici, politici, militari passano attraverso i tavoli dei potenti del mondo e sui fogli degli analisti. Trasportan­o miliardari­e collocazio­ni nelle Borse occidental­i (leggi petrolio), contratti per caccia bombardier­i Typhoon e missili a guida laser (chiedere a Downing Street), manovre finanziari­e mascherate da giri di vite sulla corruzione interna (bussare all’hotel Ritz di Riad) ma anche sorprenden­ti riforme sui diritti civili e sulla parità di genere. C’è da fidarsi? Per molti Mbs sta andando fin troppo veloce. Ma Oprah, o la campagna massiccia di affissioni in Gran Bretagna («È l’uomo del cambiament­o»), o l’acquisto di dipinti di Leonardo raccontano anche altro. La riapertura dei cinema in patria è una simbolica svolta interna ma anche un modo per rilanciare un’industria e far così circolare l’arabia nei festival e nelle sale del mondo. L’acerrimo nemico iraniano del post rivoluzion­e, d’altra parte, finanziò la nouvelle vague dei vari Kiarostami e Makhmalbaf. Poi, certo, c’è sempre la censura. Ma intanto una cultura viaggia. Mbs è già stato intervista­to da 60 minutes: ha detto di essere cresciuto con l’obbligo di un libro a settimana (e tanto di quiz finale). Forse tra i volumi della dinastia è passato anche il saggio del professor Joseph Nye che teorizzava il «soft power» come lo strumento decisivo, soprattutt­o culturale, per migliorare la propria immagine nel mondo. Nye scriveva al crepuscolo del secolo americano. Il secolo successivo, invece, è appena cominciato.

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