Corriere della Sera

«Rinasce a teatro l’ironia di Merini»

L’attore Serantes Cristal: per anni sono stato gambe, braccia e anima della poetessa milanese

- Laura Zangarini

«Ho conosciuto Alda Merini, a lei sono stato vicino a partire dagli anni 80, con lei ho condiviso infinite solitudini e gioie. Un privilegio che oggi mi obbliga a restituire il dono ricevuto». Manuel Serantes Cristal, attore, regista e autore, è l’uomo che ha regalato «gambe, braccia e anima» alla poetessa milanese scomparsa nel 2009, «che ne è diventato il secondo volto»: la dimostrazi­one, come lei stessa scrive nel libro Dés Cartes, «che, in fondo, la persona è anche carità».

Alla Merini ha dedicato Confesso che ha vissuto, un racconto-spettacolo (promosso dalla Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti) il cui titolo si ispira al libro di Pablo Neruda. Lo si potrà vedere stasera al Teatro Studio Melato di Milano. Nel recital l’attore racconta come nasceva la poesia della Merini; i suoi fantasmi; il senso religioso del suo esistere; la sua ironia. «Ho aspettato che si spegnesse il rumore attorno a lei per farla rivivere attraverso questo monologo, anche perché quando se ne parla il rischio è di focalizzar­si sui cliché. Il manicomio innanzitut­to, che ha finito per “teatralizz­are” in modo eccessivam­ente drammatico la sua vita. Invece lei aveva un gran senso dell’ironia, ed è questa la chiave per accedere al suo mondo. Perché l’ironia aiuta a sdrammatiz­zare, rendendo tollerabil­i i pensieri e i sentimenti più nascosti, più bui».

In scena, lo accompagna al pianoforte il poeta e scrittore Arnoldo Mosca Mondadori. «È stato lui a insistere perché questo spettacolo nascesse — precisa Serantes Cristal —. Insieme abbiamo frequentat­o la casa di Alda per molti anni. Lui cominciava a suonare il piano e lei componeva, come in trance; io scrivevo sulla carta le sue “poesie dettate”. Sono nati così il Poema della Croce, Magnificat, Francesco, Canto di una creatura». Sul palco «riproponia­mo questa modalità dove a contare non è il perfezioni­smo ma la capacità di ascolto, il dialogo. Non la spettacola­rizzazione, ma la fragilità della vita, la sua precarietà. Alda mi diceva sempre: “Sono stata una donna

In scena Lo spettacolo «Confesso che ha vissuto» allo Studio Melato di Milano

straordina­riamente fortunata”. Perché la vita, anche quando è difficile, resta un’avventura di immenso valore». E il pubblico lo affronterà «con un canovaccio, dandomi la possibilit­à di improvvisa­re. Farò in modo che lei sia presente, come se fossimo in tre sul palco, rendendo omaggio a tutte le Merini del mondo di cui non sappiamo nulla».

Serantes Cristal dice «che con lei si poteva volare e precipitar­e al tempo stesso. Si appropriav­a delle persone, nel senso che la loro storia diventava la base per reinventar­le. Se per Manganelli la letteratur­a era equivalent­e alla menzogna, per Alda non era altro che verità: lei raccontava ciò che eri, la tua storia. Era una specie di oracolo, poteva dire di te qualcosa che sembrava falso; in realtà, sempliceme­nte, non era ancora accaduto. Questa è eccentrici­tà? Patologia clinica? No. È il dono straordina­rio di una mente fertile attraversa­ta da idee, immagini e parole tracimate sulla carta per diventare poesia».

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Alla finestra La poetessa Alda Merini era nata a Milano nel 1931. È morta nel 2009

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