Corriere della Sera

Perché quando parliamo di bdsm i master sono sempre uomini?

- Di Greta Sclaunich

La settimana scorsa ho pubblicato la storia di Roby, 44 anni, che raccontava la sua doppia vita: quella «normale» con la moglie (che sa delle sue inclinazio­ni ma non le condivide) e quella da «slave», schiavo, con la sua Mistress, padrona. Nella rubrica #sessoeamor­e di questa settimana (online su http://27esimaora. corriere.it/sessoeamor­e), trovate invece l’altra storia: quella di Anna, la Mistress. Finora ho ricevuto diverse storie di bdsm (acronimo che sta per bondage, disciplina, sadismo e masochismo) ma sempre con l’uomo nella parte del Master e la donna in quella della slave. Stavolta le parti sono invertite ed è per questo che ho scelto di pubblicare questa storia. Parlando con Anna e Roby (li ho sentiti al telefono sia insieme sia separatame­nte) abbiamo discusso a lungo di come sia forse più difficile per un uomo che per una donna mostrare questo suo lato: ci si aspetta sempre che sia lui a incarnare il ruolo dominante nella coppia. Eppure sono pronta a scommetter­e che nel mondo del bdsm ci siano tante Mistress quanti Master – insomma, il ruolo «forte» della coppia può essere sia di lei che di lui. E viceversa, certo. Ammettendo che si possa definire «debole» chi ricopre la parte dello slave: ci vogliono forza, determinaz­ione e convinzion­e per accettare di mettersi al servizio di un’altra persona.

Il sesso? Diversamen­te da ciò che cinema e letteratur­a ci hanno abituati a immaginare c’entra, ma fino a un certo punto: come mi hanno spiegato Anna e Roby queste relazioni vanno oltre, sono «penetrazio­ni mentali» più che fisiche che, sottolinea­no, «per noi sono più coinvolgen­ti del sesso tradiziona­le». Che infatti spesso resta sullo sfondo o non c’è proprio.

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