Tra regole e gesti umani «Noi sindaci di frontiera soli con l’emergenza»
Si destreggiano tra regolamenti, convenzioni e protocolli d’intesa. Ogni giorno c’è un’emergenza nuova da affrontare: lo straniero da soccorrere in montagna, la famiglia da riaccompagnare nel centro di accoglienza, i minori respinti dalla gendarmeria.
Per i sindaci di frontiera, la questione migranti è molto più di un lavoro. È un atto di fede, per conciliare quanto prevede la legge con le esigenze umanitarie. A Bardonecchia, Oulx e Claviere i primi cittadini fanno rete. Tra di loro e con la Prefettura. Ma anche con il mondo dell’associazionismo, senza il quale molti interventi non sarebbero possibili. Come è accaduto ieri. Mentre infuocava la polemica per l’irruzione degli agenti francesi nella saletta della stazione di Bardonecchia, gli amministratori si sono coordinati per aiutare una famiglia dell’azerbaijan. Erano in quattro. Il padre, un giornalista perseguitato in patria, la madre e due figli, il più grande di 17 anni e il più piccolo di 11. Erano arrivati a Bardonecchia la sera prima ed erano stati accolti dai mediatori culturali di Recosol (Rete dei Comuni Solidali di cui la cittadina montana fa parte). A loro hanno raccontato la loro storia, la fuga, l’arrivo a Vienna, poi Udine, Milano, Torino e infine le montagne del Val di Susa. «Non sapevano neanche dove volevano andare — spiega il sindaco di Oulx, Paolo De Marchis —. Il loro è solo uno dei tanti casi». Ieri pomeriggio il Comitato della Croce Rossa di Susa li ha accompagnati nell’hub per richiedenti asilo di Settimo Torinese. «Lì saranno aiutati», dice il sindaco.
Il primo cittadino di Bardonecchia, Francesco Avato, da mesi lavora con le associazioni del territorio: «Il governo ci dà dei fondi che noi usiamo per pagare i mediatori e affrontare le spese. Ma molto viene fatto da Croce Rossa, Caritas, cittadini: dalla raccolta di vestiti ai beni di prima necessità». In Val di Susa, la popolazione non vive la questione migranti come un’emergenza così come è stato a Ventimiglia. Almeno, non per ora. A Claviere gli attivisti di Briser Les Frontières hanno occupato alcuni locali sotto la vecchia chiesa che si trova lungo la strada che porta al confine. «Non sappiamo quanto persone ci vivano — sottolinea il sindaco Franco Capra —. In paese passano quattro o cinque migranti al giorno e prima dell’occupazione erano i commercianti a dar loro un pasto caldo o un tè».