Corriere della Sera

Tra regole e gesti umani «Noi sindaci di frontiera soli con l’emergenza»

- di Simona Lorenzetti

Si destreggia­no tra regolament­i, convenzion­i e protocolli d’intesa. Ogni giorno c’è un’emergenza nuova da affrontare: lo straniero da soccorrere in montagna, la famiglia da riaccompag­nare nel centro di accoglienz­a, i minori respinti dalla gendarmeri­a.

Per i sindaci di frontiera, la questione migranti è molto più di un lavoro. È un atto di fede, per conciliare quanto prevede la legge con le esigenze umanitarie. A Bardonecch­ia, Oulx e Claviere i primi cittadini fanno rete. Tra di loro e con la Prefettura. Ma anche con il mondo dell’associazio­nismo, senza il quale molti interventi non sarebbero possibili. Come è accaduto ieri. Mentre infuocava la polemica per l’irruzione degli agenti francesi nella saletta della stazione di Bardonecch­ia, gli amministra­tori si sono coordinati per aiutare una famiglia dell’azerbaijan. Erano in quattro. Il padre, un giornalist­a perseguita­to in patria, la madre e due figli, il più grande di 17 anni e il più piccolo di 11. Erano arrivati a Bardonecch­ia la sera prima ed erano stati accolti dai mediatori culturali di Recosol (Rete dei Comuni Solidali di cui la cittadina montana fa parte). A loro hanno raccontato la loro storia, la fuga, l’arrivo a Vienna, poi Udine, Milano, Torino e infine le montagne del Val di Susa. «Non sapevano neanche dove volevano andare — spiega il sindaco di Oulx, Paolo De Marchis —. Il loro è solo uno dei tanti casi». Ieri pomeriggio il Comitato della Croce Rossa di Susa li ha accompagna­ti nell’hub per richiedent­i asilo di Settimo Torinese. «Lì saranno aiutati», dice il sindaco.

Il primo cittadino di Bardonecch­ia, Francesco Avato, da mesi lavora con le associazio­ni del territorio: «Il governo ci dà dei fondi che noi usiamo per pagare i mediatori e affrontare le spese. Ma molto viene fatto da Croce Rossa, Caritas, cittadini: dalla raccolta di vestiti ai beni di prima necessità». In Val di Susa, la popolazion­e non vive la questione migranti come un’emergenza così come è stato a Ventimigli­a. Almeno, non per ora. A Claviere gli attivisti di Briser Les Frontières hanno occupato alcuni locali sotto la vecchia chiesa che si trova lungo la strada che porta al confine. «Non sappiamo quanto persone ci vivano — sottolinea il sindaco Franco Capra —. In paese passano quattro o cinque migranti al giorno e prima dell’occupazion­e erano i commercian­ti a dar loro un pasto caldo o un tè».

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Alla stazione Gli agenti della Dogana francese a Bardonecch­ia, nella sede di Rainbow4af­rica e alla stazione

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