Calenda: Pd all’opposizione, non si ridiscute
I dem tormentati mentre si allarga l’ala dialogante. Lo stop del ministro: non capisco, abbiamo già deciso
ROMA Questa volta la chiusura più netta non arriva da Matteo Renzi ma da Carlo Calenda: «Nessuna discussione su un’ipotesi di ingresso al governo sarebbe autolesionismo». È questo il senso dell’intervento del ministro allo Sviluppo economico che con il consueto tweet mette in chiaro quale dovrà essere la posizione del Nazareno. «A me risultava che la direzione del Pd avesse espresso con nettezza la linea dell’opposizione. Perché occorre ridiscuterne mi sfugge. Trovare ogni volta una ragione per spaccarsi è davvero autolesionismo». Dello stesso avviso restano le truppe dell’ex segretario Matteo Renzi che ormai ripetono come un mantra la parola «opposizione». Non a caso Alessia Morani, parlamentare a lui vicinissima, avverte le minoranze che «noi siamo alternativi agli altri partiti e coalizioni e il voler fare opposizione non è un vezzo o un’impuntatura. Il centro del dibattito è tutto qui: in questo passaggio decidiamo se il Pd o quello che ne sarà, diventerà una stampella di altri partiti oppure se abbiamo ancora la forza e l’ambizione per essere un partito e rappresentare i nostri valori».
Con il passare delle ore e l’avvicinarsi delle consultazioni al Colle ai piani alti del Nazareno il clima resta agitato. Prende forma, seppure sotto traccia, la cosiddetta corrente «dialogante» che caldeggia un governo con i pentastellati per arginare il centrodestra. Tuttavia l’eventualità circolata nelle ultime ore di un esecutivo PD-M5S guidato da ex presidente della Consulta — ad esempio da Giovanni Maria Flick o da Paolo Grossi — viene esclusa categoricamente perché, spiega il renziano Michele Anzaldi, «scatenerebbe la rivolta dei nostri elettori, umiliati da idee del genere». Tuttavia alti dirigenti del Nazareno raccontano che il destino del Pd è appeso alla tenuta di un’eventuale alleanze fra centrodestra a guida Salvini e Cinque Stelle. «Se salta l’accordo fra la Lega e Di Maio — ragiona un senatore della minoranza — tutto cambia e noi dovremo essere della partita». Prima di cambiare strategia e sostenere un esecutivo si dovranno consumare una serie di passaggi. In particolare, sostiene Raffaella Paita, ci dovrà essere una discussione in direzione nazionale. Mentre Francesco Boccia, vicino a Michele Emiliano e fin dall’inizio pronto al dialogo con i pentastellati, chiarisce: «Se ci sono temi che condividiamo, perché mai dovremmo chiudere ai Cinque Stelle?».
Il muro renziano Anzaldi: «Un governo tra noi e il Movimento guidato da un tecnico? Scatenerebbe la rivolta dei nostri elettori umiliati da idee del genere»