La sera in cui il laboratorio spaziale cadrà sulla Terra (in mille pezzi)
Previsto per oggi intorno alle 21.30 il «rientro» di Tiangong-1: gli scienziati cinesi hanno perso il controllo. La probabilità che precipiti sull’italia è 0,2 per cento
Il momento del rientro sulla Terra del laboratorio spaziale cinese Tiangong-1 fuori controllo è arrivato, dopo giorni di altalenanti previsioni. Alla fine, la quiete nell’attività solare ha riservato una sorpresa. Il flusso di particelle diffuse in ogni direzione dall’astro, compreso il nostro pianeta, risulta più ridotto rispetto alle valutazioni e quindi la nostra atmosfera presenta una densità minore. La conseguenza è che il laboratorio cinese ha rallentato la sua caduta posticipandola di alcune ore essendo l’attrito con le molecole dell’aria più contenuto alle quote che sta attraversando.
Le stime della società americana di engineering Aerospace (che elabora dati forniti da centri civili e militari), dell’agenzia spaziale europea Esa e dell’asi italiana prevedono il tuffo finale intorno alle 21.30 di questa sera con una variabilità di circa 6-7 ore in più o in meno a seconda delle ultime condizioni incontrate nell’abbassamento dell’orbita. Tiangong-1, lanciato nel 2011, inizierà ad abbassarsi precipitosamente ad un’altezza di 120 chilometri incontrando gli strati superiori dell’atmosfera. Quando arriverà a 80 chilometri comincerà la sua frammentazione con il distacco dei due pannelli di celle solari lunghi 7 metri.
L’attrito poi comincerà a farsi sentire, le temperature saliranno a circa 1.600 gradi centigradi provocando la disintegrazione del laboratorio e la distribuzione dei vari pezzi lungo un’area ipotizzata lunga 2.000 chilometri e larga 70. A bordo ci sono ancora dei propellenti i quali nell’impatto causeranno quasi certamente un’esplosione che potrà ampliare l’area di caduta di qualche centinaio di chilometri.
Il convoglio cosmico nel quale avevano vissuto due equipaggi di taikonauti è lungo 10 metri, pesante 7,5 tonnellate ed è formato da due moduli cilindrici con un diametro massimo di 3,4 metri. Il problema è che da marzo 2016 è fuori controllo e l’agenzia spaziale cinese Cnsa dopo le prime smentite ha dovuto accettare la situazione.
Le zone interessate della Terra nella potenziale caduta di frammenti sono tra i 43 gradi a Nord e a Sud dell’equatore. Quindi le regioni italiane coinvolte partono da Liguria ed Emilia Romagna scendendo verso il Centro-sud. Ma la probabilità che qualcosa colpisca la Penisola è dello 0,2 per cento secondo gli esperti dell’asi che assieme alla Protezione civile seguono l’evento. Altrettanto quasi inesistente è il pericolo che dei frammenti arrivino in zone abitate della Terra che rappresentano l’1 per cento del pianeta mentre il 70 per cento è poi ricoperto da mari e oceani.
Nei sessant’anni dell’era spaziale che hanno visto 5250 lanci in orbita mai nessun rottame spaziale ha colpito un essere umano. In media circa due oggetti delle dimensioni di Tiangong-1 cadono sulla Terra ogni anno e in genere sono ultimi stadi dei razzi. Il rientro di satelliti in orbita bassa alla fine della loro vita è «pilotato» facendoli precipitare senza rischi in un’area a Sud dell’oceano Pacifico.
Il caso più simile al laboratorio cinese è quello dello Skylab, la prima stazione spaziale della Nasa di cui si perse il controllo e che finì la sua storia nell’estate 1979. Un pezzo sopravvissuto lungo un paio di metri e raccolto nel deserto australiano è esposto al museo dello spazio di Huntsville, in Alabama. Ma c’è una differenza macroscopia. Skylab aveva una massa dieci volte maggiore rispetto al laboratorio cinese. Situazione simile si era creata anche nel 2015 con la navicella automatica russa Progress-m27m che sfuggì a ogni comunicazione dopo aver mancato l’aggancio con la stazione spaziale. Al rientro non sopravvisse nulla e la sua taglia era pressapoco analoga al Tiangong-1 che, ora e per la prima volta porta la Cina anche sulla scena dei rischi spaziali.