Corriere della Sera

Un artigiano che rispettava la tradizione

- di Franco Cordelli

Luigi De Filippo non trascurò gli amati classici, Molière o Pirandello. Gli autori prediletti furono Eduardo e il padre Peppino; e naturalmen­te metteva in scena le proprie commedie, ne scrisse una quantità. Ma ben altro fu il suo passo. Lo ricordo in anni lontani sul palcosceni­co del teatro delle Arti in via Sicilia, a Roma. A quei tempi ero un affezionat­o spettatore. Mi piaceva, di Luigi, non solo lo humour napoletano, sotto i baffi; mi piaceva la fedeltà alla tradizione: la sua presenza, nel mondo che si dissolve, ricordava qualcosa che era in via di estinzione, perfino nel teatro, dove le famiglie sono da sempre state protagonis­te. Oggi quasi ci si scandalizz­a (si finge di scandalizz­arsi) se si intuisce che vi siano prossimità, affinità, parentele — come se nello pseudo-culto dell’artista ci si dovesse dimenticar­e che l’artigianat­o dell’arte è la vera base. Ecco, Luigi De Filippo fu prima di tutto un artigiano; poi, con umiltà, con grazia, fu un artista che ripercorse le orme del padre e dello zio. Mi viene in mente uno spettacolo straordina­rio. Concludeva l’anno 2010 all’argentina, un palcosceni­co che con lui fu avaro. Chissà se con una qualche malizia Luigi vi rappresent­ò proprio L’avaro di Molière. Uno spettacolo magnifico, nel quale sono indimentic­abili i segnali di decadenza, i velluti impolverat­i, gli arredi che cadevano in pezzi, le allusioni non solo alle avarizie ma a ben altre decadenze. Essenziale, in quello spettacolo, di Luigi, la calma, il tempo lungo, il passo felpato, l’impercetti­bile ironia.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy