MANCANO RISPOSTE PER L’AUTISMO
Idisturbi dello spettro autistico sono comuni e invalidanti, durano tutta la vita e colpiscono 1 bambino ogni 100. La prognosi, in termini di sviluppo di autonomie personali e sociali e, in genere, di qualità della vita e carico per le famiglie, è condizionata dalla precocità della diagnosi e dalla tempestività e appropriatezza degli interventi, oltre che dalla presenza di altri disturbi del neurosviluppo e dal grado di compromissione del funzionamento cognitivo, comunicativo e linguistico. A fronte di quadri funzionali diversi, è fondamentale la personalizzazione degli interventi. I trattamenti vanno calibrati in base a fasce d’età, profili funzionali, gravità, finestre evolutive e bisogni prevalenti, nonché sui punti di forza di ciascun bambino e famiglia. Si deve partire dal trattamento con le maggiori evidenze scientifiche e se non efficace o adatto passare ad altri approcci, sempre basati sulle maggiori evidenze. Ce lo insegnano i risultati delle esperienze, più avanzate, presenti a macchia di leopardo, ma che hanno, però, in questi anni, concorso a determinare positivi cambiamenti. La maggior sensibilizzazione ha portato a migliori e più ampie reti di solidarietà, a iniziative a supporto dell’inclusione scolastica, lavorativa e sociale, a un progressivo abbassamento dell’età della prima diagnosi e all’intercettazione di situazioni lievi che in passato sfuggivano, nonché a un effettivo coinvolgimento attivo dei genitori nei percorsi di cura e a una diffusa consapevolezza che gli interventi vanno basati sulla maggiore appropriatezza possibile. La maggiore criticità è l’assenza di una seria programmazione strategica sanitaria e sociale e di adeguati investimenti sui servizi per bambini e famiglie. Mancano le condizioni che permettono l’effettiva erogabilità degli interventi previsti dai LEA: personale sufficiente, in servizi con organizzazione adeguata e omogenea, che garantiscano la formazione permanente degli operatori. Tra i bambini con disturbo del neurosviluppo, solo 1 su 2 ottiene un percorso diagnostico nei servizi pubblici di neuropsichiatria infantile, e solo 1 su 3 una risposta terapeutica. Meno di 1 su 10 riesce ad avere risposte da un servizio per l’età adulta. Sono numeri indegni di un Paese civile e per i quali, in caso di problemi di salute più veniali, ci sarebbero campagne mediatiche e proteste di piazza. Assistiamo, invece, al balbettio delle istituzioni, che non riescono a dare risposte omogenee.
* Presidente Società Italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza