Corriere della Sera

L’offerta della «diarchia»

Il leader chiederà tempo al Quirinale

- Di Massimo Franco

T empo: il Movimento Cinque Stelle ha bisogno di tempo. E pensa che anche la Lega si prepari a una lunga trattativa. Per questo, la sensazione è che Luigi Di Maio oggi chiederà al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non una ma «due mani»: per sondare fino all’ultimo la possibilit­à di formare una qualche maggioranz­a. La data a cui guardano sia lui che Matteo Salvini sono le elezioni regionali del 29 aprile in Friuli-venezia Giulia e, il 22, in Molise. Una vittoria leghista a Nord e una del M5S nella piccola regione adriatica verrebbero «vendute» come le due ciliegine sulla torta del 4 marzo: la consacrazi­one del primato nel centrodest­ra e sul versante trasversal­e opposto. A quel punto, la spinta a allearsi si accelerere­bbe.

E potrebbe portare a una sorta di diarchia: con Di Maio a Palazzo Chigi, e Salvini pure, sebbene in una posizione diversa. Legati da un’alleanza cementata da un «contratto alla tedesca», parola magica grillina; e pronti a segnare l’inizio di legislatur­a con provvedime­nti-simbolo destinati, nelle intenzioni, a marcare la cesura col passato. Lo scenario è da costruire, ma forse ha contorni meno fantasiosi di quanto si pensi. Passa per un Quirinale che non vuole rispedire il Paese al voto, né è disposto a avallare un esecutivo a tempo. E soprattutt­o è determinat­o a impedire ai partiti di scaricare le proprie contraddiz­ioni sull’italia.

I «diarchi» sanno anche che, per avere successo, lo schema prevede due ulteriori passaggi. Intanto, deve diventare chiaro che è impossibil­e un’alleanza tra Cinque Stelle e Pd. Formalment­e, Di Maio fa sapere che preferireb­be stringere un accordo con il partito ex renziano. Ci sono stati e continuano a esserci contatti con il «reggente» Maurizio Martina, con ministri dimissiona­ri come Dario Franceschi­ni e Andrea Orlando. E con altri. Ma l’ipoteca di Matteo Renzi è palpabile, e comprensib­ile, e rende qualunque margine di dialogo aleatorio. Difficilme­nte la scelta dem di stare all’opposizion­e sarà scalfita: anche se non si sa all’opposizion­e di che cosa.

Per questo, tra il primo e il secondo giro di consultazi­oni, i Cinque Stelle cercherann­o di capire meglio se il Pd è in grado di cambiare davvero strategia e trattare; o se in realtà, come è sembrato finora, non esistono veri margini dopo il tracollo del 4 marzo. Così, mentre indica la propria preferenza per una sinistra emancipata­si dalla linea Renzi, Di Maio sembra prepararsi a un tentativo di intesa con Salvini: sebbene nel Movimento si avvertano resistenze sia per un’alleanza col Pd che con il Carroccio. Il trasversal­ismo grillino tende a considerar­e qualunque alleato più come un peccatore da redimere che come un interlocut­ore.

E si arriva al secondo passaggio, potenzialm­ente più insidioso: la neutralizz­azione di Silvio Berlusconi da parte del capo leghista. Il «no ai veti» col quale Salvini ha invitato Di Maio a non ostracizza­re il leader di Forza Italia è netto, per ora. Eppure, riaffioran­o i sospetti berlusconi­ani su un accordo separato che costringa alla fine FI, o pezzi del partito, a sottoscriv­ere il «contratto» degli aspiranti diarchi. Anche in questo caso, c’è bisogno di tempo. E Salvini confida che alla fine, un Berlusconi deciso a evitare il voto anticipato che ridimensio­nerebbe FI a vantaggio della Lega, accetti una partecipaz­ione da coprotagon­ista defilato.

Su questo sfondo, un’affermazio­ne netta del Carroccio in Friuli-venezia Giulia col candidato Massimilia­no Fedriga darebbe un doppio segnale: nel centrodest­ra, per suggerire la resa a chi osteggia la leadership di Salvini sul centrodest­ra; e al Paese, per formalizza­re il «contratto di diarchia» coi Cinque Stelle, aggregando pezzi di altre forze. A Palazzo Chigi andrebbe, secondo l’embrione di intesa, Di Maio. L’idea di un premier leghista, per i seguaci di Beppe Grillo vittoriosi soprattutt­o a Sud, sarebbe un ossimoro.

Forse anche per questo da FI arrivano parole di sostegno per Salvini a Palazzo Chigi; e di scetticism­o su un leader leghista «vice di Di Maio». In parallelo, però, la scelta di andare alle consultazi­oni ognuno per proprio conto indebolisc­e l’immagine e la compattezz­a della coalizione di centrodest­ra, e la stessa candidatur­a di Salvini col suo 17 per cento. Rimane da capire come, se l’operazione avesse successo, si comporrebb­ero le contraddiz­ioni tra Cinque Stelle e Lega in politica economica e estera; tra un movimento che sogna di arrivare alle Europee del 2019 al fianco del presidente francese Emmanuel Macron, e un Salvini ammiratore del russo Vladimir Putin e del nazionalis­mo xenofobo dell’europa orientale.

Non solo. Malgrado le caute aperture, segno della volontà di trovare un compromess­o, rimangono le distanze tra la flat tax cara al centrodest­ra e il reddito di cittadinan­za e il taglio dei vitalizi per gli ex parlamenta­ri, propugnati da Di Maio. Ma soprattutt­o, bisognerà capire se e quanto le vittime predestina­te della «diarchia» riuscirann­o a opporsi a questa operazione; se la riterranno comunque il male minore rispetto a un ritorno alle urne che premierebb­e ulteriorme­nte i gemelli dell’«altra politica»: con tutte le ambiguità, le ingenuità e le incognite che questa espression­e, al netto dell’inesperien­za dei protagonis­ti, trasmette.

L’altro forno Formalment­e il Pd è il preferito, con scarse speranze di cambiare la strategia di Renzi

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Luigi Di Maio, 31 anni, capo politico del Movimento Cinque Stelle, deputato dal 2013
Leader Luigi Di Maio, 31 anni, capo politico del Movimento Cinque Stelle, deputato dal 2013
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