Corriere della Sera

Un mini Def a Bruxelles

- Di Francesco Daveri

Ogni anno a primavera l’italia compila il Documento di economia e finanza (Def), un documento ufficiale che riassume dati e stime su economia e conti pubblici. Le valutazion­i contenute nel Def sono la base delle previsioni di primavera della Commission­e europea che servono all’europa per valutare la sostenibil­ità delle politiche dei singoli Paesi. L’anno scorso il Def si componeva di vari volumi e appendici per un totale di 522 pagine che descriveva­no in dettaglio il cronoprogr­amma delle riforme in via di attuazione. Per il nostro Paese però questo è un anno speciale. Dopo le elezioni del 4 marzo, le consultazi­oni e i negoziati che porteranno alla formazione di un governo sono solo in una fase preliminar­e e hanno una durata incerta. Il governo Gentiloni ha già dato le dimissioni e per ora non c’è ancora un nuovo esecutivo. E così si discute su cosa scrivere nel Def e soprattutt­o su chi debba scriverlo. Date le circostanz­e, si può pensare di spedire a Bruxelles un mini Def, un documento di poche pagine, ben più magro di quello degli anni scorsi. Pochi numeri e scarni commenti che documentin­o lo stato attuale dei conti: una crescita vicina all’1,5%, un’inflazione vicina all’1% e un deficit vicino al 2% in calo verso lo zero. Proiettand­o questi numeri nel tempo il rapporto debito-pil — oggi stabilizza­to al 132% — potrebbe scendere in modo rilevante da qui alla fine della legislatur­a. Dopodiché nulla vieterebbe al Parlamento di apportare cambiament­i anche sostanzial­i al quadro qui abbozzato. La Lega e il M5s hanno fretta di mostrare che la musica è cambiata. Ed è sacrosanto che il nuovo governo predispong­a il nuovo quadro programmat­ico della politica italiana. Ma perché non farlo con calma nei prossimi mesi a partire da un quadro relativame­nte delineato dei conti pubblici che tranquilli­zzi Bruxelles e i mercati?

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