«Voto di scambio». Sotto inchiesta i leghisti siciliani
Indagati i big Attaguile e Pagano, altri in arresto. Il leader «deluso» prepara il commissariamento
La storia ha i contorni di una commedia dell’assurdo. In Sicilia la Lega di Salvini scivola su un’inchiesta per voto di scambio che ha per protagonisti due fratelli avvocati, Salvino e Mario Caputo. Uno famoso e «impresentabile» perché condannato col bollo della Cassazione, record personale come primo espulso da un parlamento per la legge Severino. L’altro sconosciuto e candidato alle regionali dello scorso novembre, ma scrivendo sui manifesti solo il cognome, senza foto in campagna elettorale. Con una serie di gregari, sostiene la Procura, pronti a raccogliere raccomandazioni e promettere posti di lavoro salendo tutti sul carro di «Noi con Salvini», la costola leghista ufficialmente schierata per il cambiamento al Sud.
Sono così finiti agli arresti domiciliari i due fratelli accusati di essere maestri del trucco elettorale: il procuratore di Termini Imerese Ambrogio Cartosio è certo di poter provare in tribunale «dodici episodi di compravendita di voti in cambio di promesse di posti di lavoro o altre utilità». Ma nelle indagini, fra una ventina di nomi di medio calibro, come «istigatori» spiccano i nomi dei due grandi consiglieri di Salvini nell’isola, Alessandro Pagano, appena rieletto a Montecitorio, e Angelo Attaguile, il coordinatore dell’area e candidato a sindaco di Catania. Con intercettazioni da sceneggiatura cinematografica. Perché Pagano, parlando con Caputo (quello vero), propone di schierare il figlio attribuendogli il nome del padre: «Senti, tu mi devi fare una cortesia... noi non possiamo prendere settemila voti, seimila, e buttarli al macero. Scusami, male che va candidi tuo figlio... Cioè, tu continua a essere più forte di tutti...». Forse avverte un dubbio dall’altro capo del filo e spiega: «Io so già la soluzione qual è: ”Caputo” senza fotografie. E Gianluca, non so come si chiama tuo figlio, “detto Salvino”. Punto e basta, funziona così».
Geniale. O almeno questo deve aver pensato Attaguile che, informato dell’escamotage da Pagano, s’affretta a complimentarsi con il padre del futuro candidato: «Ho parlato con Alessandro... la soluzione è ottima...». Poi, riflettono un po’ tutti ed evitano di rovinare il figlio, ripiegando sul fratello, a sua volta pronto a prestare il cognome senza farsi vedere in giro, ma infine deluso per la mancata elezione.
Un terremoto per la Lega e per Salvini che, infuriato, ha subito convocato i vertici siciliani per stamane a Roma minacciando il commissariamento. Anche lui «deluso e amareggiato», come ammette di essere il capogruppo alla Camera Giancarlo Giorgetti, pur dubbioso: «La magistratura faccia il suo lavoro, ma sono errori di cui far tesoro per non ripeterli in futuro». Respingono indignati le accuse sia Pagano, sia Attaguile, anche se il tono delle intercettazioni alimenta polemiche infuocate. Con il gip Stefania Gallì che ai fratelli Caputo contesta anche l’«attentato ai diritti politici dei cittadini».
I fratelli
I manifesti con il solo cognome e senza foto per candidare il fratello di un «impresentabile»