Corriere della Sera

Toti invoca democrazia: statuto albertino per FI Da Sardone a Donazzan, le ribellioni sul territorio

- Di Marco Cremonesi

MILANO Lei, Silvia Sardone, dice di essere in attesa di una risposta dal suo partito, Forza Italia: «Poi, sulla base di quelle, prenderò le mie decisioni. Lo devo ai miei elettori». Il suo è il caso che ha innescato la scintilla: 11mila preferenze alle regionali, arma segreta del marito Roberto Di Stefano nell’espugnare l’anno scorso la ex roccaforte rossa di Sesto San Giovanni, all’ultimo momento è stata cancellata dalla lista degli assessori lombardi. E così pone il problema «del merito e del lavoro sul territorio che il mio partito non sembra valorizzar­e». Impossibil­e un suo passaggio nelle fila leghiste? «Io sono in Forza Italia da quando avevo 16 anni e non l’ho mai fatto per la poltrona. Ma devo capire dalla risposta del partito se esiste ancora uno spazio».

Il suo caso è tutt’altro che isolato. In Regione Lazio, il recordman delle preferenze (14.561) Adriano Palozzi ieri ha clamorosam­ente battuto nel voto in aula il candidato ufficiale del suo partito per la vicepresid­enza del Consiglio: «Avrei potuto perdere, la mia è stata una battaglia contro la logica delle imposizion­i e dell’arroganza». Lui nel partito crede ancora, «ma deve essere rifondato. Siamo entrati in una fase di ristagno che non può durare».

Ancora in Lombardia, a Voghera, il sindaco Carlo Barbieri aveva vinto con Forza Italia e alcune civiche anche contro la Lega e Fratelli d’italia. Eppure, il suo partito non ha ritenuto

d Forza Italia è un partito monarchico Ma accanto al potere del re, servono spazi di democrazia per gli altri G. Toti

In Lombardia Sardone è stata la donna più votata, ma è rimasta fuori dalla giunta regionale

di candidarlo alle Politiche: «Se il partito non premia chi porta consenso il futuro non mi pare roseo». Lui resta con convinzion­e in Forza Italia: «Ma la concorrenz­a della Lega, che punta senza esitazioni sul territorio, si fa sentire».

Ma il caso forse più clamoroso è in Veneto. Dove la fuoriclass­e del partito Elena Donazzan, 22mila preferenze alle ultime regionali e apprezzato assessore al lavoro, è stata prima esclusa dalle liste per le Politiche. Poi, a dispetto dei sondaggi dei giornali che la indicavano come il candidato sindaco più forte per Vicenza, il suo partito le ha preferito Fabio Mantovani. «Questa volta è stato particolar­mente fastidioso — ammette lei —. Ma il punto non è il mio nome. Con le elezioni del 4 marzo è nata davvero la Seconda Repubblica. A questo punto, Forza Italia deve capire dove vuole andare. Altrimenti, continuere­mo a perdere voti». Per lei, croce celtica al collo, l’approdo nella destra ● Dall’alto, Silvia Sardone, 35 anni; Elena Donazzan, 45 anni; Adriano Palozzi, 42 anni salviniana non parrebbe uno shock culturale: «Ma se potessi scegliere, vorrei essere parte della fondazione del nuovo partito unico del centrodest­ra».

Appunto, il partito unico. Chi ne parla da tempo è il governator­e ligure Giovanni Toti: «Io ci credo. Ma in attesa di quello mi sembra difficile prescinder­e da una ristruttur­azione di Forza Italia». Però, Silvio Berlusconi ha già parlato di un incarico del genere per Antonio Tajani: «È vero, ma io non credo che la soluzione possa essere la nomina dall’alto di un dirigente, anche se di grande valore». Secondo Toti, ci vuole «qualcosa di simile alla promulgazi­one dello Statuto albertino». Nel senso che «Forza Italia è e resterà un partito monarchico, con re Silvio Berlusconi. Ma come nello Statuto savoiardo, ai poteri del sovrano si possono affiancare ampi spazi di democrazia per gli amministra­tori e i dirigenti».

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