Corriere della Sera

La gang dei Tir, le ville confiscate La vendetta del capo uscito di cella

Cosimo Balsamo ha ucciso i due vecchi amici imprendito­ri. «Era ossessiona­to»

- Dal nostro inviato a Brescia Andrea Pasqualett­o apasqualet­to@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Cosimo Balsamo aveva due tarli nella testa: il patrimonio confiscato e i vecchi amici, colpevoli di avergli voltato le spalle. «Da anni non riusciva a liberarsi di questa ossessione. Me l’ha ripetuto anche due settimane fa — ricorda oggi l’avvocato Patrizia Scalvi che lo assisteva da tempo in molte delle sue mille grane giudiziari­e —. Si era ritrovato con un provvedime­nto definitivo della Cassazione e mi chiedeva cos’altro si potesse fare. Gli ho detto che le avevamo provate tutte e che rimaneva solo Strasburgo, ma sono stata chiara: è difficile, signor Balsamo». E lui, come spesso succedeva, se n’è andato cupo e risentito. «Giovedì scorso era tornato per avere alcune sentenze di condanna che aveva subito — aggiunge Scalvi —. Gli servivano per sistemare alcune cose in Questura perché voleva farsi un documento valido per l’espatrio».

Sessantadu­e anni, una moglie, due figlie, Balsamo a Brescia lo ricordano soprattutt­o per le scorriband­e della cosiddetta «gang dei Tir», una banda criminale della quale era uno dei capi. Specializz­ati nel furto di metalli, acciaio, ottone, rame, alluminio, depredavan­o i capannoni industrial­i del Nord, da Novara a Vicenza, per caricare tonnellate di refurtiva nei camion, rubati pure quelli. La fedina penale si era dunque inizialmen­te macchiata di quei reati: associazio­ne, furto, ricettazio­ne, costati a Balsamo varie condanne e pure il carcere. Ma, soprattutt­o, pagati nel 2007 con la confisca di un patrimonio da nababbo, quattro case a Flero, due a Castel Mella, tre a Roncadelle (tutti paesi del Bresciano), compresa la villa nella quale abitava con la famiglia. E poi polizze, conti correnti e l’80% delle quote dell’immobiliar­e Puglia. Uscito dal carcere tre mesi fa, dopo averne scontati dieci, Balsamo ha cercato di salvare qualcosa. «Mi ha detto che gli hanno restituito una polizza di 50 mila euro — ricorda il legale — ma null’altro». Briciole, dal suo punto di vista. Andava in giro dicendo che in febbraio gli era arrivata una cartella esattorial­e da 1,2 milioni di euro che lo Stato avrebbe preteso come affitto della casa confiscata e da lui occupata per oltre dieci anni. E aveva messo in scena una protesta salendo sul tetto del Tribunale di Brescia urlando al suicidio.

Insomma, un tracollo. I nemici erano diventati anche i giudici. In particolar­e Lorenzo Benini, il gip che firmò la confisca e che nel 2011 si ritrovò nel cestino della bicicletta 11 proiettili. Li aveva messi lui, Balsamo, come accertaron­o i magistrati di Venezia davanti ai quali l’uomo patteggiò una condanna per minacce e detenzione di munizioni. Ieri Benini e il suo collega Paolo Mainardi, come pure le due avvocate che negli anni lo hanno difeso, Scalvi e Valeria Cominotti, hanno vissuto una giornata di blindatura. In mattinata il procurator­e generale Luigi Maria Dell’osso, saputo che Balsamo aveva preso a sparare a chi riteneva responsabi­le delle sue disgrazie, aveva infatti deciso di raddoppiar­e i presidi di polizia in tribunale e di assegnare a tutti una scorta. Armato fino ai denti, l’uomo si era fiondato in bicicletta a Flero (il giorno prima aveva subito il furto dello scooter), alle porte di Brescia, e aveva freddato Elio Pellizzari, imprendito­re titolare della Pg Metalli. Un vecchio amico che Balsamo odiava, convinto che fosse lui a informare gli investigat­ori dei traffici illeciti. E aveva ferito Giampietro Alberti, altro piccolo imprendito­re del metallo e altra conoscenza della prima ora, indagato con lui per le vicende della banda dei tir. Per poi dare la caccia a James Nolli, sessantune­nne coimputato nel processo dei furti, dal quale però era uscito senza condanne per ricettazio­ne e, di conseguenz­a, senza confische. E questo, a Balsamo, bruciava. Lui l’aveva detto più volte al suo avvocato: «Prima o poi la faccio finita e con me porto qualcun altro». «Ma se ne dicono tante», sospira il legale. L’ha fatto: ha ucciso i nemici che aveva nella testa e si è sparato.

Non riusciva a liberarsi da questo pensiero fisso. Al suo avvocato l’aveva detto più volte: «Prima o poi la faccio finita e con me porto qualcun altro»

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Gli investigat­ori al lavoro vicino all’auto dove Cosimo Balsamo si è tolto la vita dopo aver ucciso due persone
(Lapresse) I rilievi Gli investigat­ori al lavoro vicino all’auto dove Cosimo Balsamo si è tolto la vita dopo aver ucciso due persone

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