Corriere della Sera

Quali sono gli illeciti e gli errori del «caso CA»

- Mar. Pen. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Cosa è successo? Il 17 marzo New York Times e Guardian hanno rivelato che la società britannica Cambridge Analytica è entrata in possesso dei dati di 50 milioni di utenti Facebook in modo illecito. Il primo ponte fra il social network e CA è stata l’applicazio­ne «thisisyour­digitallif­e» del ricercator­e Aleksandr Kogan. Come consentito fino al 2014, i 270 mila utenti che hanno usato le credenzial­i di Facebook per accedere all’app hanno ceduto i dati dai loro amici. Quello che Kogan non avrebbe potuto fare, e invece ha fatto, è cedere l’intero pacchetto a Cambridge Analytica, di cui l’ex consiglier­e di Donald Trump, Steve Bannon, è stato vicepresid­ente e che si è occupata della campagna del futuro presidente Usa.

Cosa fa Cambridge Analytica e perché ha sollevato un tale polverone?

Offre un sistema di micro targhetizz­azione comportame­ntale: più cose so di te, dei tuoi gusti e dei comportame­nti che tenderai ad assumere, meglio ti raggiunger­ò con messaggi efficaci. La pubblicità online funziona così. Sono stati dunque il legame con la campagna di Trump, già nella morsa del Russiagate, — e il conseguent­e dubbio che l’esposizion­e a messaggi online abbia condiziona­to le intenzioni di voto — oltre alla rinnovata consapevol­ezza del valore delle tracce che seminiamo in Rete a far esplodere il caso. Come ha reagito Facebook?

Fb era a conoscenza dello scambio illecito di dati da almeno due anni, ma ha sospeso Cambridge Analytica solo poche ore prima delle inchieste. Perché? La risposta è arrivata da Mark Zuckerberg dopo cinque lunghi giorni di silenzio, costati alla sua azienda miliardi di dollari: nel 2015 si è limitato a chiedere ai due soggetti coinvolti di cancellare i dati e a sospendere l’app. «Abbiamo fatto un errore», ha ammesso l’imprendito­re 33enne. Cosa rischia Facebook?

Negli Usa, la Federal Trade Commission potrebbe applicare una multa da 40 mila dollari al giorno per ogni singola violazione. Fiducia degli utenti a parte, in ballo c’è il modello di business del social network, che negli anni ha già stretto i dorati rubinetti dei dati ma adesso dovrà fronteggia­re eventuali regolament­azioni del settore.

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