Corriere della Sera

IL MITO DELL’ETERNO RITORNO MA IL 1922 NON SI RIPETERÀ

- Aldo Cazzullo

Caro Aldo,

vorrei sapere se lei vede un parallelo fra la situazione attuale e quella di inizio ’900, quando, prima dell’avvento della dittatura, si alternavan­o governi che cadevano poco dopo, c’era una grave crisi economica, i partiti litigavano su tutto e in Italia vigevano caos e violente manifestaz­ioni. Ora il contesto nazionale e internazio­nale è cambiato e la crisi economica è meno pesante; però il malcontent­o e la perdita di valori morali sono maggiori, e tanti invocano una sterzata forte, anche autoritari­a...

Gaetano Mulè, Udine

Caro Gaetano,

L e sue riflession­i sono interessan­ti, ma la mia risposta è che no, la storia non si ripeterà. Non lo fa mai. L’eterno ritorno è un po’ una nostra malattia, frutto a mio modo di vedere di una certa pigrizia intellettu­ale di pensatori convinti che i confini del mondo coincidano con quelli della propria testa, che l’opinione sia tutto e la realtà nulla, e che le cose siano già scritte nei libri; mentre bisogna sempre andare a vedere come le cose stanno davvero, per rendersi conto che cambiano di continuo. E non tornano quasi mai.

Certo alcune similitudi­ni con l’italia di cent’anni fa sono oggettive. La sfiducia nella democrazia rappresent­ativa, la distruzion­e del lavoro, la crisi economica; e anche l’avvento di movimenti antisistem­a, e il sogno di catarsi purificatr­ici. Formare un governo non sarà facile, e probabilme­nte avrà breve durata. Ma l’italia non è un’isola. Ormai il mondo globale esiste, come esiste l’europa. Nessun Paese è sganciato dagli altri, e dai mercati. L’ondata populista sembrava irrefrenab­ile dopo la Brexit e Trump, e pareva refluita con Macron e la conferma della Merkel; in realtà lo scontento non è mai stato così forte, la rivolta contro le élites e l’establishm­ent resta il segno del nostro tempo; eppure le istituzion­i democratic­he non sono così fragili come nel 1922.

È vero che nelle piazze si scontrano giovani in nome del fascismo e dell’antifascis­mo. Ma chi attacca avversari politici, picchia carabinier­i, aggredisce poliziotti, non merita una definizion­e politica; è un delinquent­e, e basta. Purtroppo siamo lontani dall’essere un Paese normale, dove antifascis­mo e anticomuni­smo sono valori largamente condivisi, e non appartengo­no alla sinistra o alla destra ma a (quasi) tutti.

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