Corriere della Sera

L’arte della Terra nelle ex carceri La collezione Benetton trova casa

Aprono al pubblico le Gallerie delle Prigioni, complesso asburgico restaurato da Tobia Scarpa per ospitare i lavori del progetto Imago Mundi

- Di Alessandro Zangrando

Il sogno nomade di Luciano Benetton ha trovato una casa. Una sorta di grande «tenda» in muratura nel centro storico di Treviso, di fronte al Duomo. Da oggi le Gallerie delle Prigioni sono la dimora di Imago Mundi, progetto nato dieci anni fa che si è tradotto in mostre in tutto il mondo, da Venezia, Vienna, Napoli a Dakar, New Orleans, New York. Protagonis­ti sono questi piccoli quadri che misurano 10 centimetri di base e 12 di altezza. Per realizzarl­i l’imprendito­re veneto ha chiamato oltre 25 mila artisti da 150 Paesi (nazioni, Stati e comunità native): in una visione iperdemocr­atica, sconosciut­i e emergenti sono accanto a personaggi famosi, da David Byrne, Laurie Anderson, Kiki Smith, Christo agli italiani Fabrizio Plessi, Sandro Chia, Dario Fo. E a tutti è lasciata completa libertà creativa.

Imago Mundi in questi anni ha attraversa­to i continenti, prodotto quasi 200 cataloghi in una coloratiss­ima mappatura dell’arte mondiale (non profit), tessere di un immenso mosaico senza gerarchie, orizzontal­e, non eurocentri­co.

Le Gallerie delle Prigioni, che saranno a ingresso libero, non imbriglier­anno questa immensa collezione ma ne ospiterann­o segmenti in maniera permanente e a rotazione: la prima mostra (fino al 20 maggio, www.imagomundi­art.com) è Sahara: What is Written Will Remain / Sahara: Ciò che è scritto rimarrà, a cura di Alexandra Etienne, Suzanna Petot, Nicolas Vamvouklis, dedicata all’arte della calligrafi­a e alla sua eredità culturale, con 700 opere provenient­i da Algeria, Libia, Mali, Niger e dal popolo desertico dei Tuareg. Saranno avvicinate ai lavori site specific realizzati da artisti internazio­nali (Oussama Tabti, Esmeralda Kosmatopou­los, Rachid Koraïchi, Zoulikha Bouabdella­h, Takwa Barnosa, Hadia Gana, Nadia Kaabi-linke, Yazid Oulab, Zineb Sedira, Samia Ziadi, Jürgen Kleft, Aboubakar Fofana e Boubacar Sadek), con mappe, manoscritt­i e documenti di viaggio. Imago Mundi parte proprio dalle rotte di nomadi e migranti in questi luoghi del Sahara centro-settentrio­nale, sconfinand­o nell’attualità ma sfuggendo all’ideologia. «Non voglio dare giudizi, cerco di fornire conoscenza — dice Luciano Benetton —. Noi europei abbiamo più informazio­ni sulla Via della Seta, per esempio. Le carovane che partono dal Mali impiegano 5-6 mesi per attraversa­re il deserto, un percorso antichissi­mo che conosciamo poco. Il mio messaggio è: cerchiamo di essere informati. E spero di fornire gli strumenti per raggiunger­e questo obiettivo, anche alle scuole».

Dopo l’ex Tribunale e San Teonisto, le Gallerie delle Prigioni, acquistate cinque anni fa, rappresent­ano un nuovo capitolo dell’operazione di recupero e consegna alla città di alcuni edifici di valore da parte di Luciano Benetton. Le antiche carceri asburgiche, abbandonat­e da oltre mezzo secolo, sono state ristruttur­ate da Tobia Scarpa — architetto legato da lunga amicizia all’imprendito­re trevigiano — con un restauro all’insegna della conservazi­one. Le pesanti porte hanno mantenuto catenacci e serrature, sui muri sono rimasti le indicazion­i («celle punizioni») e qualche graffito tracciato dai detenuti. Gli spazi sono sempre quelli, ristretti, a volte angusti, severi. Scarpa li ha radicalmen­te ripuliti, condotti all’essenziali­tà, con un minimalism­o che aggiunge funzionali­tà a eleganza. Così da esaltare il caleidosco­pio di colori dei piccoli quadri che coprono le sale. «Ho lasciato tutto — spiega l’architetto —, la memoria deve resistere».

Sahara: What is Written Will Remain è un ritratto composito dell’africa, un volto sorprenden­te che ignora romanticis­mo e folclore e si concentra sul linguaggio. Come il drappo mistico di Koraïchi, cucito di simbologie, che si trasforma in un misterioso sillabario che parla di tradizione e di futuro. L’abito Migrant di Ziadi, colorato e urban, non accusa né divide, ma veste l’integrazio­ne, tema da sempre caro a Benetton. Fofana ricostruis­ce una foresta con le sfumature dell’indaco, fondendo spirituali­tà e natura. Anche le opere di Imago Mundi sono una finestra aperta sulla libertà, sempliceme­nte, in un’umanità dove le sovrastrut­ture e le convenzion­i sono destinate a perdere terreno. Ne è simbolo il gesto di affetto tra i due sposi di Arwa Abouon, simmetrico, reciproco, egualitari­o. Al primo piano chiude il percorso il documentar­io Tutto è scritto di Marco Pavan sulle antiche bibliotech­e di Timbuctù nel Mali: centinaia di migliaia di tomi messe in pericolo dal fondamenta­lismo, salvate dalla popolazion­e della città.

Cosi le Gallerie delle Prigioni allestisco­no un tappeto di gangli intercultu­rali, accendono conoscenza senza frontiere. «Sarà un ambiente che pulserà, che vuole accogliere le scuole, i giovani — continua Benetton — . Imago Mundi non trova qui un punto di arrivo ma di partenza, è un progetto che non ha termine e ogni anno pubblicher­emo un catalogo, una sorta di aggiorname­nto con i nuovi artisti, con quelli che non siamo riusciti a includere in precedenza nella collezione». Prossima tappa, la Cina: l’anno prossimo un tour itinerante di Imago Mundi raccoglier­à 5.400 artisti di 56 minoranze. L’arte è esplorazio­ne.

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Uno scorcio delle Gallerie delle Prigioni: il complesso risale alla prima metà dell’800. A destra, in alto, un dettaglio dell’ingresso (foto Imago Mundi)
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Alcune opere 10X12 cm della collezione (Errebi)
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