Corriere della Sera

Vettel: la Mercedes? Non siamo lontani

«La G davanti al nome della mia auto non mi sento ancora di aggiungerl­a Importante è che sia Gloria alla fine»

- di Daniele Sparisci

SAKHIR Fuori le palme e il deserto, dentro una stanzetta nel paddock Vettel maneggia una coppa con un pallone dorato, un premio ricevuto dalla stampa tedesca. «Bello, no?». L’assistente Britta Roeske sorride, il quattro volte campione del mondo pure pensando a dove sistemarlo nella sua collezione di trofei.

L’uomo dei 200 Gp (taglierà il traguardo domenica) non pensa ai numeri — «Quelli passano, io guardo solo avanti e questa vigilia non è diversa da altre» — ma a come conquistar­e il Mondiale con la Rossa dopo l’inizio magico in Australia. La memoria, però, corre veloce per riannodare un filo lunghissim­o.

Che cosa resta di quel ragazzino che dieci anni fa sotto l’acqua di Monza con la Toro Rosso stupiva il mondo?

«Quella vittoria, insieme con il primo titolo (nel 2010 con la Red Bull, ndr) e con il primo successo con la Ferrari (in Malesia nel 2015, ndr) sono forse i tre capitoli più belli della mia carriera. Sono sempre lo stesso, solo un po’ più “vecchio” e saggio. Lo spirito non è cambiato di una virgola: adoro correre, adoro il momento in cui sali in macchina: attorno a te diventa tranquillo, senti solo il rumore del motore e poi esci dal garage ed è tutto nelle tue mani».

Come fa a trovare le motivazion­i per ricomincia­re ogni volta?

«Semplice. Amo ciò che faccio. Nella vita di un pilota ci sono alti e bassi, ma io non ho mai oltrepassa­to il confine della delusione. Quello che ti spinge a dire: “Ok, ne ho abbastanza”. Perdere è una sensazione orribile ma ti dà anche una carica speciale per la volta dopo. Ecco, alla domenica ho solo un desiderio: spingere per essere il migliore».

Se non fosse diventato un pilota cosa avrebbe fatto?

«Credo di averlo capito solo adesso a 30 anni, viaggiare per il mondo mi ha aperto la mente. Mi sarebbe piaciuto occuparmi di cose creative».

Tipo?

«Forse designer. O architetto. Mi piacciono i numeri, le cose che abbiano un senso, sono un tipo pratico e diretto. Ma ammiro anche le persone capaci di trovare soluzioni alternativ­e. In tutti i mestieri c’è una componente creativa. Prendiamo l’ingegneria, chi l’ha detto che è noiosa? Guardate quanta fantasia c’è in Formula 1. Quando non sarò più in grado di correre mi dedicherò a qualcosa che mi faccia sentire realizzato».

C’è un’età giusta per smettere?

«No, devi mollare quando sei troppo lento. O quando si spegne la passione, se non senti più l’entusiasmo e il nerlei vosismo prima della partenza. Se mi capitasse cambierei mestiere lasciando spazio ai giovani».

A Nico Rosberg è successo da campione del mondo.

«Avrà avuto le sue ragioni per lasciare, e sono solo nella sua testa. Se ne può discutere, ma per prendere una decisione così ci vogliono le palle».

Torniamo al presente, alla sua quarta stagione con la Ferrari. Quanto conta l’esperienza?

«Tanto. Conosci tutti nella squadra, assimili i metodi di lavoro. E cerchi di migliorart­i il più possibile lavorando anche su te stesso, poi la stagione comincia e contano solo i risultati. Ma se guardo indietro e vedo dove eravamo nel 2015, quando sono arrivato, è un quadro completame­nte diverso. Siamo stati forti in questi anni, però è mancato il grande salto. Ma sono fiducioso, cresceremo ancora. Eravamo vicini alla Mercedes ma non abbastanza per vincere il Mondiale. Adesso ci riproverem­o».

Quindi è ottimista? A Melbourne non poteva iniziare meglio.

«Sì, ma è lunga. E sarebbe sbagliato sedersi qui davanti a e dire: “Ora spacchiamo il mondo”. Vogliamo vincere il campionato, è chiaro. Ma non ha senso parlarne, troppe cose devono ancora accadere. Pensiamo a questa gara, poi la prossima settimana volteremo pagina e penseremo alla Cina. E poi ancora un altro capitolo, è come un libro».

Come ha festeggiat­o il successo in Australia?

«Sull’aereo di ritorno. Eravamo in tanti della squadra, è stato un volo molto piacevole».

Nove vittorie con la Ferrari, la più importante?

«La prima, in Malesia nel 2015. È arrivata subito ed è stata un’emozione potente non solo per me ma per tutto il team che veniva da un anno duro».

Se fosse il capo della Formula 1 che cosa cambierebb­e?

«Per fortuna non lo sono. Mi accontento di essere un “semplice” pilota» (ride, ndr).

Però circolano tante idee per il futuro, si parla di una gara sprint per assegnare la pole position. Che ne pensa?

«Sono un tradiziona­lista, per me il Gran premio è così da quando me lo ricordo. Anche in passato le corse erano

Se non fossi stato un pilota mi sarebbe piaciuto occuparmi di cose creative. Forse sarei stato un designer, o un bravo architetto

Devi mollare quando si spegne la passione. Rosberg avrà avuto le sue ragioni, ma per prendere una decisione così ci vogliono le palle

 ??  ??
 ??  ??
 ?? (Ap, Getty Images) ?? Leader Sebastian Vettel, 30 anni, passa vittorioso sul traguardo di Melbourne: la Ferrari è partita bene nel Mondiale 2018
(Ap, Getty Images) Leader Sebastian Vettel, 30 anni, passa vittorioso sul traguardo di Melbourne: la Ferrari è partita bene nel Mondiale 2018
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy