Corriere della Sera

La strategia del contratto

- di Massimo Franco

Tatticamen­te, il Movimento Cinque Stelle ha acquisito un vantaggio. Luigi Di Maio, candidato a Palazzo Chigi, sta cercando di presentars­i come il nuovo perno dello schieramen­to politico italiano; e di trasformar­e il suo trasversal­ismo in una dote, più che in un’ambiguità e in un elemento di debolezza.

La rivendicaz­ione di assoluta fedeltà all’occidente su alleanze militari, monetarie e europee, è stata la prima dichiarazi­one resa dopo il colloquio di ieri con il capo dello Stato, Sergio Mattarella. Si tratta di un ancoraggio recente, dopo contraddiz­ioni e tentenname­nti; ribadito al Quirinale sull’altare delle ambizioni di guidare il prossimo governo. L’idea di un «contratto alla tedesca» che dovrebbe ricordare quello tra Cdu e Spd in Germania, rivolto a «tutto il Pd» e alla Lega, riflette la stessa strategia: anche se trasuda tatticismo. I potenziali alleati vengono equiparati sapendo che non è così. L’ equidistan­za di Di Maio tende a dimostrare l’impossibil­ità di un’intesa col Pd. E punta al dialogo col Carroccio. Il Movimento ritiene suo interlocut­ore solo Matteo Salvini, ma non riconosce la coalizione con Silvio Berlusconi e Fratelli d’italia. Suona come una provocazio­ne, facilitata però dalla decisione di Lega, FI e FDI di andare separati alle consultazi­oni; e dai giudizi contrastan­ti sui Cinque Stelle.

Il capo leghista è stato l’unico a esprimere l’esigenza di coinvolger­e i seguaci di Beppe Grillo. L’insistenza sua e di Di Maio su un esecutivo che rifletta la volontà popolare, sembra dar corpo alla prospettiv­a di una «diarchia» tra le due forze che hanno avuto successo il 4 marzo. L’idea di un contratto invece che di un’alleanza, è l’abile trovata lessicale per spoliticiz­zare il patto con un Carroccio distante su politica estera, economia, immigrazio­ne. Ma è difficile che basti. Mattarella ha tenuto a ribadire che occorrerà altro tempo per far nascere una maggioranz­a. A ieri una soluzione non c’era «ancora», ha detto, ricordando che M5S e Lega hanno aumentato i consensi; ma che nessuno ne ha abbastanza. La pretesa quasi tolemaica di Di Maio di andare a Palazzo Chigi in nome della maggioranz­a relativa dei voti, deve fare i conti con i rapporti di forza. Il «contratto» con Salvini passa o per una rottura, poco probabile, con Berlusconi; o per una manovra concordata. Altrimenti, resterà lettera morta. Rivendicar­e la premiershi­p per evitare la risacca dell’estremismo grillino è comprensib­ile, nell’ottica di Di Maio. Lo sarebbe molto meno in quella degli interessi dell’italia, se si traducesse nella minaccia di correre verso altre elezioni.

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